Nel boom globale dei droni c’è chi li usa e chi li sorveglia
Droni, sempre di più e sempre più utilizzati per varie mansioni. Ma anche così tanti da imporre soluzioni in grado di dirigere nel modo migliore il loro traffico nei cieli. Di droni da usare e da gestire ci parlano due notizie diffuse in parallelo.
La prima notizia arriva da Genova, dove il Digital Lab 5G, struttura operativa della multinazionale svedese Ericsson, ha effettuato un importante test di monitoraggio del territorio avvalendosi di droni in volo e di un veicolo di tipo “rover” telecomandato in remoto sul suolo: le zone scelte per le rilevazioni sono state i parchi di Nervi, sorvolati dai droni, e il Great Campus, il parco tecnologico-scientifico cittadino, dove è entrato in azione il “rover”. Tutti i mezzi impiegati, sia in cielo che a terra, trasmettevano dati, elaborati attraverso la Rete 5G di nuova generazione, dalla centrale operativa realizzata “in Cloud” da Tim per Ericsson. Anche l’”esplorazione terrestre” del Great Campus poggiava sulla rete internet di quinta generazione, gestita in questo caso da Liguria Digitale, struttura operativa della Regione Liguria.
Ha così trovato un primo compimento, con la collaborazione di Olivetti per le analisi di dati e scenari, il “Memorandum of Understanding”, siglato lo scorso marzo da Regione Liguria, Comune di Genova, Liguria Digitale, Ericsson e Tim. I test, coronati da confortante successo, erano finalizzati a sperimentare l’efficienza di una piattaforma Cloud Robotics che, grazie alla connessione alla rete 5G, può garantire precisione e tempestività di interventi di droni e rover per una casistica che comprende tutela del territorio, operazioni di pubblica sicurezza, servizi di pronto intervento sanitario.
Che nell’immediato futuro dobbiamo imparare a coesistere con i droni è realtà alimentata anche da un’altra notizia, proveniente da Rimini, dove ha sede TEC, The Edge Company, Start Up che nel giro di due anni è diventata una superstar globale nel settore della sicurezza aerea: è un exploit centrato grazie al successo del Bird Concentration Monitoring System (BCMS), sistema di telecamere e sensori che tutela la gestione del traffico aeroportuale dalle interferenze, potenzialmente catastrofiche, provocate da altri “soggetti volanti”. A volte si tratta di stormi di uccelli, come quello che nel 2009 causò l’ammaraggio di fortuna sul fiume Hudson, a New York, di un jet di linea con 155 passeggeri a bordo, provocando un clamore poi amplificato dal film “Sully” che Clint Eastwood trasse da questo fatto di cronaca. Ma altre volte, e sempre più spesso, il disturbo è provocato da droni, compresi quelli utilizzati “per gioco” come il robot volante pilotato da un ragazzo milanese per il divertimento di riprendere decolli e atterraggi all’aeroporto di Linate trasmettendone le immagini agli amici. Di questo e di altri analoghi episodi racconta un ampio servizio, a firma Leonard Berberi, pubblicato lo scorso aprile dal Corriere della Sera, chiarendo i riflessi allarmanti di uno scenario che prevede già nel 2022 oltre 45 milioni di droni in volo nei cieli del mondo, senza escludere che una loro minima quanto pericolosa percentuale possa essere usata per fini terroristici.
Ecco spiegarsi perché, applicato con lo stesso successo a uccelli e droni, il BCMS brevettato da TEC ha consentito all’azienda fondata dall’ex pilota di caccia militari Fabio Masci di entrare fra le dieci Start Up selezionate a livello mondiale dall’acceleratore francese The Camp, e di diventare partner operativo di un colosso dei voli aerei come Airbus. Rispetto ai radar due sono gli assi nella manica del BCMS: minori costi e zero emissioni.