Maggiori competenze digitali per il 22% in Italia contro il 33% in Europa, e sono soprattutto i nuclei familiari costituiti da soli anziani e componenti con basso titolo di studio a non utilizzare la Rete.
Grandi anche le differenze territoriali tra il Nord e il Sud del Paese: se infatti il 30% delle famiglie Internet-free si trova nel Meridione, sono soprattutto i comuni fino a 2mila abitanti ad essere maggiormente penalizzati.
Il rapporto, inoltre, ha messo in evidenza anche le difficoltà nell’uso degli strumenti digitali da parte degli studenti, : il 45,4% degli scolari tra i 6-17 anni (circa 3 milioni 100mila) ha difficoltà nella didattica a distanza per via della carenza di strumenti informatici in casa, assenti o da condividere con altri fratelli. Un divario digitale riconducibile a fattori sociali, generazionali e territoriali, “come emerge dai risultati di un modello di regressione logistica che stima la probabilità che in una famiglia ci sia almeno un componente con competenze digitali elevate”.
Nel focus del rapporto intitolato “Criticità strutturali come possibili leve della ripresa” si sottolinea l’importanza strategica delle competenze e possibilità digitali:
“In questi anni difficili il Paese ha con fatica continuato a progredire nell’istruzione, nella diffusione di modelli organizzativi più avanzati e nell’uso delle tecnologie nell’economia, nella pubblica amministrazione e nella vita quotidiana degli individui. Il periodo di confinamento domiciliare, per le attività rimaste aperte, ha imposto, su un sistema che, in confronto agli altri partner europei, parte con uno svantaggio consistente in termini di digital divide (un gap in termini di indicatori collegati all’uso di internet di circa il 10% rispetto alla media europea), l’apprendimento in corsa del lavoro a distanza e di forme organizzative più focalizzate sull’essenziale. Se lo shock ha avuto l’effetto positivo di evidenziare che, col capitale umano disponibile, era già possibile avviare un necessario cambio di passo e in tempi brevi imparare a sfruttare su larga scala tecnologie disponibili, dall’altro ha nuovamente focalizzato l’attenzione sul peso che il ritardo dal Paese in investimento in conoscenza comporterà nel prossimo futuro in termini di recupero dell’economia dopo la crisi aperta dalla pandemia”.