Innovazione smart e internet delle Cose: il caso della General Electric
Quando si pensa in termini di innovazione smart e di Internet delle Cose lo si fa spesso in relazione all’edilizia residenziale, alle applicazioni che possono rendere più comoda ed efficiente la nostra vita quotidiana. Eppure, prevede la società di consulenza manageriale McKinsey, una grossa fetta (il 40%) dei benefici di Internet delle Cose andranno alle industrie. Illuminante in tal senso è l’articolo apparso sul supplemento Corriere Economia di lunedì scorso a firma di Edoardo Segantini sulla svolta digitale intrapresa da General Electric. Il colosso americano, tra i simboli della old economy che si occupa di un sacco di cose – oil & gas, biomedicale, energia, illuminazione, elettrodomestici – che capitalizza 250 miliardi di dollari con 300 mila dipendenti (tanto per capire come vanno oggi le cose, un campione delle new economy come Google capitalizza 500 miliardi di dollari con poco più di 55 mila dipendenti), «oggi è sempre più un’industria che per il digitale spende ogni anno un miliardo di dollari e assume migliaia di informatici», scrive Segantini.
How do you make a 124-yr-old company more innovative? @Marketplace talks to GE’s innovation guru @BethComstock: https://t.co/GdG9HgtAoV
— GE Global Research (@GEResearch) 26 Gennaio 2016
«La tecnologia – scrive ancora Segantini – è al centro di una più vasta rivoluzione organizzativa centrata sui sensori avanzati, sulla connessione degli oggetti e sull’analisi dei dati per migliorare processi produttivi e prestazioni sui prodotti». Gli osservatori si chiedono se tale scommessa avrà successo. La maggioranza di loro, tuttavia, ritengono che la strada è quella giusta: «l’internet industriale può assicurare a GE una nuova fase di crescita». Pensare smart significa anche pensare in grande. E pensare anche al nostro settore produttivo come un mercato dall’alto potenziale di penetrazione.