Enel Open Fiber abbatterà il divario sulla cultura digitale in Italia?

8 Aprile 2016 Smart Building Italia


Era il 3 marzo dello scorso anno quando il presidente del Consiglio Matteo Renzi presentò il piano BUL (Banda Ultra Larga). Ad un anno abbondante di distanza ecco Enel varare, con lo stesso Renzi, il progetto Enel Open Fiber: la notizia ha fatto il giro di tutti gli organi d’informazione. Riassumendo: si comincia da Bari (città molto pimpante sull’innovazione digitale), Perugia, Cagliari, Venezia e Catania per proseguire in altre 219 città per un totale di 7,5 milioni di case e un investimento di 2,5 miliardi con un accordo commerciale con Vodafone e Wind (che forniranno i servizi). Tutti hanno notato l’assordante assenza di Telecom. «”Stiamo dialogando con tutti – ha detto l’AD di Enel, Francesco Starace – Sarebbe fantastico che ci fosse anche Telecom». Renzi ha rilanciato: «Siamo sempre pronti a dare una mano alle imprese che vogliono dare una mano all’Italia». Resta il fatto che Telecom al momento balla da sola. «Dopo quasi due anni di trattative sfociate nel nulla – scrive sulla Repubblica Giovanni Pons – il Governo ha preferito lasciar andare per la sua strada la prima azienda tecnologica del Paese».

Naturalmente, sono fioccati sul web i commenti. Tra lo scetticismo generalizzato per il timore che questo sia solo l’ultimo degli annunci in pompa magna, c’è chi si pone una legittima domanda partendo dalla considerazione che, come scrive Tom’s Hardware, «l’Enel vuole sfruttare i suoi cavidotti e strutture per consentire agli operatori di fornire servizi FTTH da almeno 100 Mbps». L’utente Giovanni Agosto chiede infatti sul sito mobile.hdblog.it: «Ma un utente che abita in un condominio, che ha il contatore Enel a piano terra nel “locale contatori”, la fibra si ferma lì (e quindi ultima tratta verticale in rame) oppure arriva fino in casa nel pannello all’interno di ogni abitazione?».

La risposta corretta sta probabilmente nelle parole di Claudio Pavan intervistato da noi la settimana scorsa a proposito della caratteristica dell’intervento di Enel: FTTH (fiber-to-the-home) oppure FTTB (fiber-to-the-building)? «È evidente che solo se il contatore elettrico sarà interno all’appartamento si potrà parlare di vero FTTH. Ma sappiamo benissimo che nella stragrande maggioranza del patrimonio immobiliare italiano il contatore elettrico non è all’interno dell’appartamento, ma, tipicamente in un locale tecnico alla base dell’edificio, ovvero, com’è logico, nelle parti comuni più vicine alla strada. Se la fibra di Enel Open Fiber si fermerà lì, come sembra di capire, avremo prevalentemente impianti FTTB, per l’interno dell’edificio potremo pensarci noi artigiani».

A latere della notizia, vale probabilmente la pena di dare un’occhiata al rapporto Istat 2016. Se sono leggermente aumentate rispetto al 2014 le spese per la cultura (libri, cinema, musei), relativamente a internet le cose appaiono ancora incagliate: la popolazione connessa si ferma al 60% (in Europa la media è del 75%), ma solo il 40% si connette ogni giorno. C’è da chiedersi: è solo colpa del grave ritardo sull’infrastrutturazione digitale – allora il piano Enel Open Fiber è certamente un asset per colmarlo – o siamo alle prese con un divario culturale? E se così fosse, che fare?