Rinnovabili, 12 milioni di occupati nel mondo ma il meglio deve venire
Secondo lo studio “Renewable Energy and Jobs”, nonostante il duro impatto dell’emergenza sanitaria, nel 2020 i posti di lavoro legati alle energie rinnovabili hanno continuato a crescere raggiungendo quota 12 milioni
Nel capitalismo di stampo anglosassone, che domina ancora il mondo, i numeri hanno un ruolo predominante. Un diluvio di cifre che illustra, o pretende di illustrare, qualsiasi fenomeno economico e sociale. Non tutte le rilevazioni, però, hanno la stessa importanza, e quelle che descrivono lo sviluppo delle energie rinnovabili meritano sicuramente particolare attenzione, ancora di più se prendono in considerazione un aspetto fondamentale, ovvero l’andamento dell’occupazione. Esattamente quello che fa un recente rapporto di IRENA, l’Agenzia Internazionale per le Energie Rinnovabili.
Lo studio in questione si chiama “Renewable Energy and Jobs” ed è realizzato dal 2012 in collaborazione con l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO). L’edizione 2021 è ovviamente di particolare interesse perché si occupa dell’andamento globale dell’occupazione durante il periodo della pandemia. Da qui la prima importante evidenza: nonostante il duro impatto dell’emergenza sanitaria, nel 2020 i posti di lavoro legati alle energie rinnovabili hanno continuato a crescere raggiungendo quota 12 milioni.
In particolare, nel confronto con l’anno precedente si è verificato un incremento di circa mezzo milione di posti di lavoro. Un esito da un lato sorprendente, considerati gli enormi problemi creati dalla pandemia anche sotto il profilo occupazionale, ma che dall’altro lato non fa che confermare un trend di crescita in atto fin da quando l’occupazione nelle rinnovabili viene monitorata, con i 7,3 milioni di posti di lavoro nelle energie rinnovabili indicati nel rapporto del 2012.
Naturalmente questo non significa che il coronavirus non abbia avuto alcun impatto. Anzi, il report di IRENA sottolinea che i ritardi e le interruzioni della catena di approvvigionamento hanno avuto delle conseguenze anche sull’andamento dell’occupazione, il tutto con significative differenze a seconda della nazione e del settore preso in considerazione. Infatti, mentre i posti di lavoro nel solare e nell’eolico hanno continuato nel 2020 a guidare la crescita dell’occupazione globale nel settore delle energie rinnovabili, i posti di lavoro relativi ai biocarburanti liquidi sono invece diminuiti in seguito al calo della domanda di carburanti per il trasporto provocato, appunto, dall’emergenza sanitaria.
Più nel dettaglio, il settore del fotovoltaico è quello che ha occupato il maggior numero di lavoratori nel 2020, quasi 4 milioni dai 3,75 milioni dell’anno precedente, un numero che equivale al 36% della forza lavoro globale impiegata nelle energie rinnovabili. Per quanto riguarda il settore dell’energia eolica, l’anno scorso l’occupazione totale nel settore è anch’essa aumentata passando da 1,17 a 1,25 milioni di posti di lavoro a livello globale. Al riguardo, il report IRENA sottolinea come la Cina rappresenta da sola il 44% dell’occupazione impiegata nel settore dell’energia eolica
Una parte molto interessante del rapporto è quella che delinea gli scenari futuri. La premessa è che il “saldo” fra i posti di lavoro guadagnati nelle rinnovabili e quelli persi nei settori energetici tradizionali è destinato ad essere ampiamente positivo. Infatti, gli scenari occupazionali relativi alla transizione energetica stimano per il 2030 la presenza di 24-25 milioni di nuovi posti di lavoro che, appunto, supereranno di gran lunga le perdite comprese tra i sei e i sette milioni di posti di lavoro. Fra quest’ultimi, circa cinque milioni di lavoratori avranno fra l’altro l’opportunità di trovare una nuova occupazione rimanendo nell’ambito dell’energia.
Se poi si allarga l’orizzonte temporale fino alla metà del secolo, le stime occupazionali del rapporto IRENA divengono ancor più positive. Per quella data, infatti, il settore delle energie rinnovabili potrebbe arrivare ad impiegare circa 43 milioni di persone. Inoltre, si tratterà di un’occupazione “per tutti”, nel senso che circa la metà di questi nuovi posti di lavoro richiederà solo il possesso di un’istruzione primaria o secondaria inferiore. Un ulteriore 37% delle occupazioni sarà invece raggiungibile con un’istruzione secondaria mentre il restante 13% dei posti di lavoro richiederà un’istruzione a livello universitario.