Parliamo di formazione?

14 Luglio 2023 Luca Baldin


Mi ha molto colpito un’affermazione di un collega e amico, di cui non svelerò l’identità, e che opera all’interno di un’importante associazione di categoria, che nel corso di una recente telefonata mi ha detto: “non ci stiamo ponendo la domanda più importante: ma noi che tecnici vogliamo rappresentare nel futuro?”

Una domanda cruciale per un’associazione di categoria, ma non meno rilevante per un intero comparto come quello di cui ci occupiamo noi, di Smart Building Italia, che ha come focus l’innovazione tecnologica in ambito home, building e city.

Di quali progettisti e di quali tecnici abbiamo bisogno? Possiamo assecondare le resistenze al cambiamento per mero opportunismo o le dobbiamo piuttosto contrastare? Ed è solo un tema di tecnici che non si vogliono formare e aggiornare o anche di filiera della formazione abbandonata a sé stessa, non controllata e la cui qualità ha subito dopo il Covid una caduta verticale, in buona parte dovuta all’inflazione di corsi on line di dubbia qualità e la cui frequenza è ancora più dubbia?

Sono domande importanti a cui l’intera filiera dovrebbe provare a fornire qualche ragionevole risposta, superando gli scambi di accuse reciproche e la vuota recriminazione sulla carenza di tecnici o sulla loro scarsa preparazione.

La formazione in un comparto come il nostro, come amo ripetere, si fonda su tre pilastri fondamentali: la formazione obbligatoria, quella volontaria certificata e quella sul prodotto.

Sono tre aspetti irrinunciabili, in cui uno non esclude affatto l’altro, che consentono a tecnici e progettisti di svolgere correttamente la loro professione con cognizione di causa e, soprattutto, mantenendosi aggiornati sulle ultime novità tecnologiche e sui nuovi prodotti, garantendo in ultima analisi l’utente finale.

Ognuno di questi livelli deve essere presidiato da soggetti diversi e sottoposto a criteri di controllo di qualità certi. La formazione, inoltre, ed è una sorta di quarto pilastro fondamentale, dal momento che costituisce la condizione irrinunciabile per sviluppare un sistema Paese di qualità e competitivo a livello internazionale, deve essere sostenuta attraverso adeguati strumenti fiscali a vantaggio di chi la fa, perché deve essere considerata un’opportunità, non un costo.

Anche le aziende hanno una loro precisa responsabilità, perché non possono pensare soltanto di massimizzare i profitti nel breve periodo, ma devono imparare a guardare lontano, favorendo i tecnici competenti e scoraggiando quelli incompetenti, preparando così il mercato del futuro, di cui saranno beneficiarie.

Oggi, diciamocelo con chiarezza una volta per tutte, siamo lontani anni luce da un sistema così organizzato, che non ha nulla di fantascientifico, ma costituisce solo l’esito di un approccio razionale ad un tema cruciale. Forse non serve, ma vale la pena fare l’esercizio di descrivere la situazione così com’è, per rendersi conto di quanto sia inadeguata e irrazionale: abbiamo progettisti iscritti agli albi che dovrebbero fare formazione continua per esercitare la professione, attraverso i cosiddetti CFP obbligatori, il cui rilascio è a carico di Ordini Professionali che non svolgono alcun controllo di qualità sui soggetti formatori, né sulla ricaduta della formazione, riducendo l’accumulo dei CFP a mero assolvimento burocratico. Per le professioni non ordinistiche (installatori) va ancora peggio, dal momento che è sufficiente un’abilitazione a svolgere la professione una volta per sempre, con un inquadramento per silos tecnologici che non ha più nulla a che vedere con la realtà. La formazione professionale viene regolamentata dalle Regioni, con criteri non omogenei e obiettivi ancor meno chiari. Lo Stato, senza alcuna razionalità, rende obbligatoria la formazione professionale su alcuni argomenti e tecnologie e su altre no, creando oltretutto un mercato della formazione al ribasso che non sembra avere in alcuna considerazione la qualità, ma solo l’assolvimento dell’obbligo al minor costo possibile.

Come abbiamo riportato su queste pagine la scorsa settimana, ora si apre anche la partita delicata della Lauree Professionalizzanti, i cui percorsi sono tutti da definire e rischiano solo di autorizzare alla progettazione di impianti complessi giovani privi di qualsiasi preparazione.

È possibile andare avanti in questa situazione? O sarebbe il caso di fermarsi un momento tutti e provare a ridisegnare il sistema in modo razionale? È una domanda che rivolgo spesso ai miei interlocutori e che generalmente li trova concordi. Allora perché non provarci?

Luca Baldin

Project Manager di Pentastudio e della piattaforma di informazione e marketing Smart Building Italia. È event manager della Fiera Smart Building Expo di Milano e Smart Building Levante di Bari. Dirige la rivista Smart Building Italia.