La corsa all’FTTH: si, ma per andare dove?
Leggiamo anche noi in questi giorni le dichiarazioni trionfanti e preoccupate al tempo stesso di Giuseppe Gola, Amministratore Delegato di Open Fiber, sullo stato dell’arte delle reti per telecomunicazioni in Italia.
Con malcelata soddisfazione, Gola dichiara che finalmente l’Italia si sarebbe messa al pari col resto d’Europa in materia di banda ultra larga, con reti FTTH che dal 22% del 2018 sarebbero salite al 54% attuale. A Roma direbbero “Me c….”. Ma dai toni trionfali lo stesso Gola passa subito a quelli affranti, precisando che il vero problema dell’Italia non sono le reti, ma l’uso che se ne fa o, meglio, che non se ne fa; dal momento che la cosiddetta “adozione” delle connessioni più performati si ferma ad un utente su quattro, ovvero ad un dato lontanissimo dalle performance di Paesi come Spagna e Francia, con un relativo gap competitivo e impossibilità tecnica a raggiungere gli obiettivi posti dall’Europa col Digital Compass, ovvero la connettività ad almeno 1 Gigabit per tutta la popolazione.
Tutto vero e tutto rilevato puntualmente e periodicamente dei report di AGCOM. Sorprende tuttavia che manchi sempre una riflessione sul perché ciò accada, fermandosi il più delle volte ad una sorta di atteggiamento fideistico e adorante nei confronti delle tecnologie: la rete FTTH c’è ed esiste e la sua esistenza è condizione sufficiente alla sua adozione…, nulla di più falso.
Nessuno che si ponga la domanda chiave:
a che cosa serve la connettività a banda ultra larga? Perché un italiano medio dovrebbe passare dalla vecchia ADSL o, nel migliore dei casi, dalla connessione FTTC ad una più performante FTTH?
Dove dovremmo andare tutti percorrendo queste nuove scintillanti autostrade telematiche?
I tecnocrati hanno quasi sempre un difetto: sono innamorati della loro tecnologia a tal punto da perdere di vista a che cosa serve; per loro la tecnologia è un fine, non un mezzo. Ma per il resto degli umani la tecnologia è sempre un mezzo per ottenere qualche cosa che non avevano, oppure che avevano ma che ora possono ottenere più velocemente o con prestazioni migliori.
Le reti FTTH sono quindi un mezzo che per ora, in Italia, ci consente di accedere agli stessi servizi a cui accedevamo prima. Perché questa semplice, banale riflessione sembra non trovare cittadinanza all’interno di certe stanze? Perché i grandi operatori telecom non hanno ancora compreso che per stimolare la domanda occorre offrire servizi innovativi e che su questi servizi si baserà il loro business del futuro?
Ci si intestardisce a realizzare reti in modalità comprensibili ai tempi della SIP, col mito dell’antica borchia, ma certo non oggi, sostenendo costi inauditi che poi si scaricano sulle bollette, anziché spingere sull’offerta di nuovi servizi che possano davvero essere appetibili al pubblico e che abbiano a che fare con esigenze sempre più sentite, come l’assistenza a distanza degli anziani e dei malati, la gestione energetica intelligente, la gestione delle ricariche dei mezzi elettrici e chi più ne ha più ne metta.
Lo diciamo: il piagnisteo sulla mancata adozione delle reti FTTH ci ha stufato! Ci aspettiamo una riflessione un po’ più matura e magari qualche azione conseguente.