In Australia si pensa al riciclo dei moduli fotovoltaici a fine vita
Uno studio evidenzia l’importanza del recupero dei materiali contenuti nei pannelli dismessi per la produzione dei nuovi moduli
Partiamo subito dalla domanda sottesa che può essere generata dalla lettura di questo articolo: perché mai dovremmo interessarci di quel che accade in Australia? Ebbene, al di là del generale senso di curiosità che è sempre bene esercitare, nel caso in questione – di cui si occupa uno studio realizzato da un team di ricercatori dell’Università del Nuovo Galles del Sud – esistono almeno due buone ragioni.
Il primo motivo è che lo studio si occupa di un argomento della transizione energetica, lo smaltimento dei pannelli fotovoltaici, tanto importante quanto spesso colpevolmente trascurato.
La seconda ragione è che trattasi di un problema che, rispetto all’Australia, in futuro assumerà dimensioni ben maggiori in un’area molto più popolata come quella del continente europeo.
Verso l’età dell’obsolescenza
Lo studio parte dalla considerazione che fra pochi anni l’Australia si ritroverà a dover gestire montagne di “rifiuti” fotovoltaici, ovvero i pannelli che via via arriveranno a fine vita. Infatti, nell’enorme isola di quasi 10 milioni di chilometri quadrati esistono già 3,3 milioni di case con impianti fotovoltaici sui tetti, una significativa parte dei quali si avvia all’età dell’obsolescenza. A tal proposito, il team di ricercatori indica che anche basandosi sulla previsione più “prudente”, per la metà del secolo si potrebbe arrivare a una quantità di pannelli dismessi compresa fra i due e i tre milioni di tonnellate, mentre prendendo in esame la stima più “generosa”, nel 2050 la mole di moduli solari da smaltire sarà addirittura pari al doppio.
Ciò premesso, nello studio si vuole dimostrare come sia possibile trasformare ciò che sembra un grande problema in un’opportunità altrettanto grande. Va quindi respinta l’ipotesi secondo cui i pannelli solari a fine vita finiranno con il creare una “montagna di rifiuti”, affermando invece che diverranno materiali fondamentali per la produzione futura. Si tratta, né più né meno, di comportarsi come già si fa per lo smaltimento di varie componenti legate alle fonti di energia rinnovabile. “Nella realtà – si legge –, sono già attivi centri di riciclaggio e recupero dei componenti (nel caso delle batterie agli ioni di litio, presenti negli smartphone e in altri apparecchi, si è arrivati al 96%) e molte aziende del settore stanno producendo pale eoliche e pannelli solari riciclabili, appunto partendo dai materiali recuperati”.
Creare serbatoi di materiali
Rong Deng, uno dei coordinatori dello studio australiano intitolato, sottolinea come i pannelli fotovoltaici a fine vita non vanno considerati come dei rifiuti, bensì quali preziosi serbatoi di materiale da utilizzare per la produzione di nuovi pannelli.
“In cinque anni l’argento e l’alluminio provenienti dai pannelli solari a fine vita potrebbero fornire il 30% della futura domanda fotovoltaica, il 50% in 15 anni, arrivando al 100% in 25 anni. E gestendo bene i cicli di produzione e fine vita, è concretamente possibile arrivare a soddisfare tutte le richieste future riutilizzando e riciclando, facendo quindi a meno dell’estrazione mineraria, il che rappresenta una prospettiva davvero stimolante”.
Dunque, assume un valore strategico il potenziale di riutilizzo dei materiali secondari nella produzione di nuovi moduli, fattore che sarà sempre più importante man mano che crescerà la domanda dei pannelli solari, con la relativa pressione sulle riserve di risorse critiche necessarie alla produzione. In particolare, lo studio indica che in Australia una media di circa il 50% della futura domanda di argento e alluminio fotovoltaico potrebbe essere soddisfatta dal fotovoltaico a fine vita. Ed entro il 2045, questa metodologia di approvvigionamento di argento e alluminio inizierà a stabilizzarsi intorno al 100%, consentendo una circolarità completa all’interno del settore fotovoltaico.
Pianificare subito la gestione futura
I ricercatori australiani hanno infine sottolineato l’importanza di pianificare da subito la gestione dei moduli fotovoltaici a fine vita, con la prospettiva di dover gestire fra poco più di 10 anni una mole destinata a superare il milione di tonnellate di rifiuti fotovoltaici. “Conosciamo i luoghi – è la conclusione – in cui si accumuleranno i primi rifiuti fotovoltaici consentendo la pianificazione della logistica, e sappiamo che questi rifiuti comprenderanno principalmente tecnologie basate sul silicio, quindi possiamo studiare metodi di riciclaggio adeguati, che tengano fra l’altro presente che la maggior parte dei moduli arriverà da utenti residenziali e piccoli commerciali”.