Se i punti di ricarica domestici condizionano lo sviluppo della mobilità elettrica
Il 2024 si annuncia come un altro anno di crescita molto modesta della mobilità elettrica per il nostro Paese, relegato a fanalino di coda in Europa.
Tra le cause di questo insuccesso si annoverano sempre i costi iniziali elevati dei veicoli elettrici, la scarsità di punti di ricarica pubblici (tuttavia in forte crescita) e la preoccupazione per la ridotta autonomia delle batterie. Se si aggiungono gli incentivi a singhiozzo, il quadro potrebbe apparire completo e già sconfortante, ma all’appello manca almeno un altro fattore critico, sottovalutato e viceversa determinante: la difficoltà di ricaricare il proprio veicolo elettrico presso la propria abitazione o il proprio ufficio.
Si tratta di un tema fondamentale e molto sottovalutato. Eppure, è noto a tutti che la maggior parte delle ricariche si fanno a casa o in ufficio (oltre il 70% del totale), mentre quelle presso le colonnine pubbliche rappresentano soltanto una percentuale residuale.
Sono dati che dimostrano, oltre ogni ragionevole dubbio, quanta importanza abbia per la diffusione della mobilità elettrica garantire la possibilità di ricaricare il proprio veicolo presso la propria residenza o il proprio posto di lavoro, pratica che si scontra regolarmente con diversi vincoli e con tutte le difficoltà tipiche di un Paese in cui circa il 70% della popolazione risiede in condomini con una struttura della proprietà immobiliare estremamente frammentata e con un’infrastruttura elettrica molto spesso obsoleta.
Lo Stato italiano ha tentato di affrontare la questione dell’installazione di infrastrutture di ricarica nei condomini una prima volta nel 2016 col d.lgs. n. 257 che ha regolamentato la predisposizione all’installazione di infrastrutture di ricarica solamente per i condomini di nuova costruzione o sottoposti a una ristrutturazione edilizia; successivamente nel 2020 col d.lgs. n. 48 che ne ha addirittura stabilito l’obbligo di installazione. Parliamo sempre e comunque di edifici nuovi o ristrutturati, ovvero di una percentuale marginale del parco edilizio nazionale.
Conscio dell’importanza strategica dell’operazione, lo Stato Italiano è intervenuto anche con la leva fiscale col d.P.C.M. del 4 agosto 2022, col quale ha introdotto un bonus pari all’80% della spesa sostenuta, esteso successivamente col decreto Milleproroghe a tutto il biennio 2023-2024 (Decreti direttoriali 9 maggio 2024 e 12 giugno 2024). Il contributo viene riconosciuto agli aventi diritto con limiti di spesa differenziati in base al soggetto che sostiene la spesa. I tetti di spesa sono 1.500 euro per le persone fisiche (case unifamiliari o box proprietari) e 8.000 euro per i condomini per la posa in opera sulle parti comuni.
Una leva che ad oggi è risultata ancora poco efficace, specie negli edifici condominiali, dove i conflitti di interesse tra condòmini tendono a prevalere e a bloccare le iniziative di ammodernamento.
Ma c’è un altro elemento che condiziona fortemente lo sviluppo delle ricariche presso gli edifici di civile abitazione o ad uso promiscuo, ovvero l’obsolescenza della rete di distribuzione.
Per essere più chiari proviamo a mettere giù due cifre: se 8 condomini volessero ciascuno una wall box in garage, alimentata dal contatore condominiale, sarebbe necessario installare un contatore da almeno 56 kW (7 kW x 8 garage) solo per garantire ricariche lente contemporanee. A questo bisognerebbe sommare la potenza necessaria a garantire tutti i servizi comuni (illuminazione, ascensore, ecc.) e verificare la capacità della cabina esistente, della dorsale e delle linee elettriche, operazioni queste ultime che andrebbero svolte anche nel caso in cui ogni condòmino decidesse di agire autonomamente.
Questo è il punto più delicato della questione, perché la rete elettrica nazionale non è stata progettata per un aumento esponenziale dei consumi, qual è quello che si sta verificando con la progressiva elettrificazione degli impianti (e si pensi alle pompe di calore, piuttosto che ai piani cottura ad induzione, per finire con i sistemi HVAC), che stanno mettendo in crisi anche le colonne montanti elettriche degli edifici stessi.
Fortunatamente, senza alcuna intenzione di derubricare l’urgenza di intervenire a livello strutturale sulla rete elettrica pubblica e privata, per quanto riguarda la ricarica dei veicoli elettrici possiamo contare oggi su evoluti sistemi BEMS (Building Energy Management Software) che consentono di regolare le ricariche multiple evitando i picchi di consumo e che dovrebbero essere sempre abbinati ai sistemi di ricarica condominiali. Non solo ma, in prospettiva, questi sistemi di gestione potranno sfruttare l’energia accumulata nelle batterie delle auto anche per equilibrare la rete, laddove l’autoproduzione e l’autoconsumo di energia sia da fonti rinnovabili (Vehicle to grid).
Il passaggio a questi sistemi intelligenti costituisce un punto dirimente per lo sviluppo della mobilità elettrica, che richiede sempre più una visione d’insieme e un sistema incentivante di lungo termine e stabile per poter dare risultati apprezzabili e allineare il nostro Paese ai trend di crescita di quelli più evoluti in Europa.