Smart Readiness Indicator (SRI): uno strumento innovativo per misurare la “smartness” degli edifici
I concetti di standard e di certificazione, ampiamente diffusi nei sistemi industriali, stanno progressivamente e rapidamente entrando da protagonisti anche nel processo di innovazione del patrimonio edilizio. Se la certificazione energetica, resa obbligatoria a partire dal 2005, in seguito al D.Lgs. 192/05 ed ai successivi interventi legislativi completati con il DM 162/15, è già stata culturalmente assimilata sia dai tecnici che dal mercato, incidendo in modo non trascurabile nella determinazione del prezzo degli immobili, altri certificati come il Leed o CasaClima, per ricordare i più noti, riguardano ancora un numero molto ristretto di edifici di qualità solitamente molto elevata.
A ciò si deve aggiungere che in tema di “smartness” ad oggi non esiste nulla in grado di orientare le scelte del consumatore finale, a partire dalle definizioni di edificio “smart”, su cui si continua a confrontarsi.
Come ha ricordato recentemente il Prof. Andrea Ciaramella del Politecnico di Milano, “La possibilità di utilizzare sistemi condivisi per misurare le prestazioni dei nostri edifici è, tuttavia, un presupposto imprescindibile per un mercato aperto, trasparente ed evoluto”.
In tale direzione sembra andare la Direttiva (UE) 2018/844 del Parlamento Europeo, che introduce un sistema volontario, auspicabilmente comune a tutti gli Stati membri, per “misurare” la predisposizione degli edifici esistenti ad accogliere servizi innovativi in grado di migliorarne le prestazioni complessive e, in modo particolare, le prestazioni energetiche, divenute strategicamente fondamentali in ottica di New Green Deal.
Il sistema di valutazione è basato su un indicatore, lo “Smart Readiness Indicator” (SRI) e su una metodologia specifica, sviluppata da un consorzio di ricerca con competenze interdisciplinari che ha iniziato il suo lavoro nel febbraio 2017 e lo ha recentemente portato a conclusione.
Lo studio ha prodotto un elenco di 112 servizi che vengono definiti “smart ready”, suddivisi in 10 ambiti principali, ovvero: riscaldamento, raffrescamento, ventilazione controllata, DSM – gestione e profilazione dei consumi, produzione di acqua calda sanitaria, Illuminazione, involucro dell’edificio, ricarica di veicoli elettrici, generazione di energia e monitoraggio e controllo.
La procedura di valutazione segue una checklist piuttosto semplice attraverso la quale il valutatore misura il grado di smartness di un edificio, verificando quali servizi “smart ready” siano presenti e quale sia il loro livello di funzionalità. Ogni servizio è definito all’interno della checklist in modo tecnologicamente neutrale e può presentare diversi gradi di “intelligenza” a cui sono associati differenti livelli di funzionalità.
Per quanto riguarda le prestazioni “intelligenti”, l’impatto dei servizi “smart” viene determinato con riferimento a 8 categorie: il risparmio energetico, la flessibilità nell’interazione con la rete, la generazione distribuita, il comfort degli utenti, la convenienza (dal punto di vista economico), la salute e il benessere per gli utilizzatori, la manutenzione preventiva e predittiva e l’informazione indirizzata agli occupanti.
La novità introdotta con lo Smart Readness Indicator è rappresentata dalla valutazione oggettiva di parametri che possono influenzare le prestazioni degli edifici. Ne deriva che l’adozione di tale indice in modo sistematico, così com’è successo per la certificazione energetica, auspicabilmente dovrebbe favorire quell’integrazione di soluzioni all’avanguardia basate sull’ICT sempre più necessarie, con l’obiettivo di realizzare immobili predisposti a “dialogare” sia internamente con gli occupanti che con il mondo esterno, perseguendo un miglioramento continuo delle prestazioni complessive e una ottimizzazione delle risorse energetiche. Tema fondamentale nel momento in cui si cominciano a vedere le primissime comunità energetiche attive.