Il BIM genera sinergie fra architetti senior e nativi digitali

3 Dicembre 2018 Smart Building Italia


“La rivoluzione del BIM e del BMS nella progettazione impiantistica” è il titolo di uno dei convegni più seguiti durante la recente edizione di Smart Building Levante organizzato con l’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Bari. Tanto per mettere subito a fuoco l’importanza del tema ci confrontiamo con uno dei relatori, l’architetto Pasquale Iacovone, BIM Manager tra i referenti di Edilportale.com SpA (nella foto).

Architetto Iacovone, occuparsi della codificazione dei prodotti e processi costruttivi in edilizia significa, in un certo senso, portare il BIM “da utopia a realtà”. In cosa consiste questa semplificazione della complessità delle attività del costruire?
«Il BIM può essere inteso come un processo utopico per chi opera senza aver mai designato un flusso di produzione, cosa possibile nei piccoli studi di progettazione. Diversamente, è una realtà già consolidata per chi organizza le proprie attività lavorative e quelle dei collaboratori attraverso metodi manageriali per efficientare i processi. Attraverso la normativa di standardizzazione italiana UNI 11337 “Codificazione dei prodotti e dei processi costruttivi in edilizia” si stabiliscono in modo univoco l’identificazione dei soggetti coinvolti, gli elementi costruttivi e le azioni compiute dalla filiera delle costruzioni. Perciò, con un linguaggio unificato, si organizza l’intero processo facilitando lo scambio delle informazioni e la cooperazione. Ad esempio, Edilportale.com ha codificato attributi e categorizzato i prodotti in modo univoco, generando una banca dati di prodotti facilmente interrogabile».

Come si declina il BIM nella complessità del patrimonio edilizio italiano?
«Il BIM, così come la norma, si applica sia alle nuove costruzioni che a quelle esistenti, nonché all’ambiente costruito in generale. Il BIM è utilizzato per efficientare l’attività di progettazione, produzione degli elementi costruttivi, manutenzione, gestione dei cespiti, realizzazione di opere ex novo, restauro, risanamento conservativo, recupero, ristrutturazione, demolizione e modifica in genere. La norma italiana di standardizzazione, rispetto a quella internazionale ISO 19650 e anglosassone PASS 1192, disciplina ulteriori livelli di sviluppo geometrico ed informativo per operazioni legate al restauro e risanamento conservativo. L’Italia fa tesoro del suo immenso patrimonio storico edilizio per sviluppare i LOD F e G apprezzati in tutto il contesto internazionale».

La normativa UNI-11337 e, in particolare, le ultime modifiche, definiscono una chiara politica di standardizzazione nazionale nella strutturazione delle figure BIM. In che modo questa visione organizzata di figure e processi può sposarsi con l’attuale assetto di piccole e medie realtà?
«Con l’introduzione del BIM, sia i piccoli studi che le grandi aziende di progettazione stanno stilando linee guida, standard di processo e flussi di lavoro in ottica BIM, adeguandosi alle prescrizioni introdotte dalla normativa di standardizzazione UNI o PAS, efficientando di fatto il processo aziendale e incrementando i servizi da offrire alla committenza. La transizione dal metodo tradizionale CAD al BIM passa necessariamente per attività formative out side o in house e con l’avvio di un progetto pilota. Lo studio o azienda di progettazione deve necessariamente destinare dei fondi da utilizzare per tale scopo».

Quali cambiamenti si possono scorgere da questo cambio metodologico?
«Si sta rafforzando la rete tra i tecnici specializzati nelle diverse discipline, ciò agevola la collaborazione tra colleghi e la costituzione di nuovi studi associati. Il BIM può diventare il nuovo volano per valorizzare ed esportare il know-how dei progettisti fuori dal contesto italiano, visto che altrove nel mondo è stato adottato già da diversi anni».

Questa trasformazione vede come soggetti interessati due macro “categorie”: i professionisti formati senior e i professionisti che si stanno affacciando al mondo del lavoro, ovvero giovani, molto spesso nativi digitali. In che modo queste “categorie” dovrebbero affrontare le figure di BIM Coordinator, BIM Manager, ACDat Manager, BIM Specialist?
«La figura professionale del progettista si evolve e diventa sempre più digitale e orientata alla gestione, aggiungendo al suo dizionario terminologie per la gestione dei dati, di informatica generale e linguaggi di scrittura dei software CAD-BIM. Questo tipo di upgrade professionale crea qualche difficoltà tra i progettisti senior che si ritrovano a dover imparare nuovi linguaggi di comunicazione partendo dalle terminologie anglosassoni, ma anche informatica e strumenti di lavoro sofisticati, come ad esempio i software di BIM Authoring. Dall’altro lato, abbiamo le nuove leve di professionisti che escono dalle Università già in parte formate sulla metodologia BIM e decisamente più propense all’uso del digitale e di software avanzati».

Che prospettive di lavoro e crescita si aprono per le nuove leve?
«Non solo le nuove leve beneficeranno dell’avvento del BIM, ma anche i senior. Se le due categorie si incontrassero, si creerebbero strutture lavorative integrate, dove il senior, con il suo ingente bagaglio di conoscenza professionale, lavora in sinergia con il nativo digitale, privo di esperienze pratica ma in possesso di grandi capacità di apprendimento e uso di software. Il senior, con le sue conoscenze, è in grado di accorgersi se lo strumento sta rilasciando dati sbagliati; il nativo digitale, rischia di commettere grossi errori perché privo di competenze, ma è in grado di velocizzare i processi. Se riuscissimo a mettere in sinergia le due macro categorie, eviteremmo il possibile gap tra chi sa fare perché ha esperienza e chi dovrà applicare questa esperienza in futuro».

Scarica la presentazione dell’architetto Pasquale Iacovone