Miliardi per il digitale purché siano “democratici”
La UE ne stanzia altri 4,8, e Piero Pelizzaro, direttore della bolognese Europa Internazionale avvisa: “Devono servire anche a una raccolta dati sessualmente paritaria, e non sia a favore dei maschi”
Altra priorità, segnalata dal Green Manager Lab, è l’Ambiente come materia scolastica
Ed ecco “serviti” altri quattro miliardi e ottocento milioni di fondi europei destinati alla rivoluzione Green e digitale. Li ha appena messi sul piatto per il 2023 la Commissione per la proposta di bilancio, chiamando a votarne l’approvazione prima il consiglio e poi il parlamento d’Europa.
Il contesto è quello di un bilancio complessivo di 186,5 miliardi di euro, mentre, secondo quanto riportato dai media, le finalità dei 4mila800 milioni in questione riguardano “ricerca e innovazione, doppia transizione verde e digitale, settore sanitario e tecnologie strategiche”. Che è come dire un “tutto” vagamente frastornante, recepito con l’insopprimibile timore di scoprire il nulla dietro le cortine fumogene di annunci così onnicomprensivi.
Direttore del settore “Europa Internazionale” al Comune di Bologna, dopo essere stato Chief Resilience Officer della prima amministrazione Sala a Milano, il vicentino Piero Pelizzaro è uno dei giovani manager urbani più autorevoli fra quelli che operano in Italia. E del nostro Paese dimostra di intendersi il giusto quando, a proposito dei nuovi fondi europei, esordisce così: “Prima che di competenze, in Italia è un problema di sistema, e di legislazioni vetuste”. “Un esempio illuminante è quello della Legge Tognoli – chiarisce Pelizzaro. – Parliamo di un testo approvato nel 1989 e da allora mai più superato, nonostante i tempi siano cambiati moltissimo. In particolare, quella legge prevede la costruzione di parcheggi per ogni nuovo immobile, nella misura di un metro quadrato di asfalto ogni dieci metri cubi di edificato”.
“Trentatré anni dopo – continua il direttore di Europa Internazionale – la legge Tognoli è una palla al piede per l’Italia, Paese nelle cui aree metropolitane, soggette a elevati tassi di inquinamento da CO2, bisogna invertire totalmente la mentalità, puntando ad avere a disposizione strumenti legislativi nuovi, in grado di garantire verde urbano, orizzontale e verticale, ovunque ce ne sia la possibilità, senza più essere obbligati a realizzare nemmeno una piazzola di parcheggio”.
Spostandoci dal verde al digitale, il quadro cambia totalmente, secondo Pelizzaro. “Per quanto riguarda rete e connessioni – spiega – viviamo in un Paese più sviluppato a livello di tecnologie e strumenti. Peccato che per ora sviluppato non equivalga sempre a emancipato. E’ uno status virtuoso che l’Italia può raggiungere a patto di avanzare in modo sistematico sul piano dell’interoperabilità”.
“A tale proposito – argomenta il manager – è inammissibile per un Paese che aspira allo status di 2.0 non avere alcun collegamento strutturale fra le linee e gli orari di Trenitalia e quelli dei servizi di autolinee di ogni comune servito. Ragione per cui si parla di città intelligenti, ma soffermandosi alla superficie delle loro skyline”. “Un altro ambito rilevante – denuncia Piero Pelizzaro – è in tal senso quello dei dati. Che sono tanti, sempre di più, ma non per questo motivo sono dati emancipati. Soffrono ad esempio di eccessivo maschilismo nella loro somma totale”.
Pelizzaro subito dopo chiarisce: “In settori come l’offerta di lavoro, dove le pari opportunità fra uomini e donne va garantita, i dati raccolti sono in gran parte fortemente orientati verso la domanda di lavoro avanzata da cittadini maschi, con conseguente danno per l’efficienza del sistema e la sua credibilità democratica. Qui bisogna investire molto e subito”.
Per quanto riguarda la transizione Green, c’è chi non si limita ad auspicarla, ma la pratica e la diffonde sul campo. Come ad esempio il Green Manager Lab operativo dal 2015 al Parco di Monza.
Dal sito si apprende che è “un progetto nato allo scopo di sensibilizzare e formare le risorse delle organizzazioni, affinché siano pronte ad affrontare le sfide dell’innovazione sempre più urgenti e necessarie in tema ambientale e di sviluppo sostenibile”. “Lo facciamo attraverso un format di tipo esperienziale, una giornata di gara in più prove dove si cimentano tre squadre composte da otto o nove manager e operatori provenienti dall’azienda cliente” spiega la founder Mariateresa De Sanctis, giunta all’intuizione di questa palestra della sostenibilità tramite percorsi di marketing ispirati alle energie alternative.
“Sulla base della mia esperienza, troverei utile che parte di questi fondi europei – chiarisce Mariateresa De Sanctis – fosse destinata a piani territoriali dove sono previsti contributi mirati delle aziende alla realizzazione dei diciassette obbiettivi di sostenibilità inseriti dall’Onu nell’agenda per il 2030”.
“Di sicuro – continua la founder di Green Manager Lab – rispetto a quando abbiamo iniziato a operare, l’identikit culturale di chi partecipa ai nostri laboratori è cambiato. Nelle ultime generazioni la sensibilità ambientale è diventata un importante valore condiviso, ma proprio per questo il mondo della scuola dovrebbe prenderne atto. Perché non prevedere programmi didattici dove assumere l’ecologia come materia di studio, senza più frammentarla fra scienze ed educazione civica? Anche in questa direzione si dovrebbe investire”.
Alla costruzione di tempi nuovi Green Manager Lab continua a contribuire con i propri corsi e i propri contest realizzati all’interno di un progetto condiviso con CREDA Onlus, Associazione senza scopi di lucro, impegnata nella Ricerca ed Educazione alla Sostenibilità ambientale. “Al di là dell’aspetto ludico e competitivo – conclude Mariateresa De Sanctis – il senso del percorso di prove, previste in una cornice stupenda come il Parco di Monza, consiste nel far affiorare quella responsabilità, individuale e collettiva, in cui ognuno di noi è inserito, nelle ore di lavoro come nel tempo libero”.