Anche in Italia partono i test per l’applicazione dello Smart Readiness Indicator
Al via il progetto pilota di Mase e Enea su almeno 30 immobili, durata 12 mesi.
Dopo una lunghissima gestazione è arrivato il momento anche in Italia di partire con la sperimentazione dell’indice che l’Unione Europea ha messo a punto per misurare la smartness degli edifici, il celebre SRI-Smart Readiness Indicator. A darne notizia è la direzione generale Energia (Ener) della Commissione europea, inserendo l’Italia come l’ultimo tra i 16 Paesi aderenti a sperimentare il programma.
Lo strumento è particolarmente rilevante nell’ottica dell’applicazione della EPBD4, fornendo parametri di valutazione che vanno molto oltre le classiche classi energetiche.
L’SRI, infatti, identifica sei macro aree di intervento e di valutazione di un immobile, ovvero:
- Il comfort, inteso come la capacità di adattare l’operatività dell’edificio in risposta alle esigenze dell‘utente, ponendo la dovuta attenzione alla facilità d’uso ed al mantenimento di condizioni climatiche interne ottimali.
- L’efficienza energetica, ovvero la capacità di migliorarla attraverso stumenti di monitoraggio e controllo, compresa l’autogenerazione da fonti rinnovabili
- La flessibilità sulla quantità di energia consumata, anche in relazione agli input ricevuti dalla rete elettrica
- L’interoperabilità dei sistemi per un controllo centralizzato ed autonomo dell’edificio
- La connettività, ovvero lo sfruttamento del potenziale delle reti di comunicazione, specie in termini di infrastruttura digitale d’edificio
Il progetto pilota è promosso dal Mase, con il supporto di Enea, durerà 12 mesi e coinvolgerà almeno 30 edifici. La fase di test dell’Italia si concentrerà sulla valutazione delle tecnologie smart più avanzate disponibili sul mercato e sulla classificazione dei servizi SRI. Ma la parte probabilmente più interessante sarà quella che porterà a stabilire una relazione possibile tra i punteggi SRI e le classi dei certificati di prestazione energetica (EPC).
Le valutazioni saranno condotte dagli esperti di Enea, istituzioni accademiche come l’Università di Cassino e del Lazio Meridionale, membri di enti di normazione italiani e valutatori esterni.
Partendo da buona ultima, l’Italia potrà avvalersi dei primi risultati provenienti da altri Paesi che hanno già da qualche tempo avviato la sperimentazione, risultati che dicono che lo Smart Readiness Indicator rappresenta uno strumento effettivamente utile e valido per una valutazione oggettiva della dotazione tecnologica di un edificio e della sua capacità di incidere positivamente sulla sua impronta ecologica. Da cui ne deriva che con ogni probabilità, in caso di adizione definitiva, andrà a costituire un metro di giudizio sulla qualità degli edifici, con conseguente prevedibile impatto anche sui valori del mercato immobiliare.
La sperimentazione in ogni caso si dovrà concludere entro giugno 2026, quando la Commissione Europea dovrà presentare al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione conclusiva sugli esiti della sperimentazione, per poi passare, in caso di approvazione finale, alla fase attuativa.