Edifici green e stop ai veicoli a combustione interna: non facciamo battaglie di retroguardia!

24 Febbraio 2023 Luca Baldin


Due facce della stessa medaglia nella transizione energetica

Pochi giorni separano due iniziative dell’Unione Europea che hanno conquistato le pagine dei quotidiani e hanno fatto discutere molto: la prima è la direttiva sul rendimento energetico degli edifici e la seconda è l’approvazione del Parlamento Europeo allo stop ai motori endotermici più inquinanti entro il 2035.

Come noto, il nostro Paese ha fatto parte della pattuglia che si è schierata contro questi due provvedimenti, adducendo come motivazioni la particolarità del caso Italia nel primo caso, con il rischio di trasformare la spinta verso edifici green in una tassa patrimoniale occulta e, nel secondo caso, la difesa della nostra industria che nella motoristica tradizionale ha un punto di eccellenza.

La posizione dei rappresentanti di governo sulla transizione green

Numerosi rappresentanti del governo hanno tenuto a ribadire che non si tratta di essere contro la transizione green, ma solo di non fare salti nel vuoto che potrebbero avere gravi ripercussioni sul tessuto produttivo nazionale e in genere sul Paese.

La posizione di chi frena sulla transizione green non tiene conto, tuttavia, del fattore tempo che, a detta di tutti gli scienziati, è determinante per limitarne l’impatto dei cambiamenti climatici in atto. Rallentale, quindi, non è un’opzione possibile e compito della politica (quella con la “P” maiuscola) è quello di indicare la strada e di porre obiettivi sfidanti che la società e il sistema economico devono fare loro innescando la transizione. Guardare quindi all’interesse della collettività, prima che agli interessi dei singoli.
Le posizioni attendiste, inoltre, non sembrano tenere in alcun conto ciò che sta succedendo a livello globale in entrambi gli ambiti e nemmeno la percezione del problema da parte delle persone, per la maggioranza delle quali la difesa dell’ambiente non costituisce più un tema di nicchia per anime belle, ma un problema molto concreto con cui fare i conti urgentemente e che ha enormi costi sociali ed economici.

La direttiva sul rendimento energetico degli edifici

La sensazione è che nella maggior parte dei casi si sia parlato senza alcuna cognizione di causa. La prima cosa da sapere, per esempio, è che proprio gli edifici sono la prima causa di emissione di gas serra in Europa e il primo comparto energivoro; quindi, se non si interviene lì, ogni obiettivo di decarbonizzazione appare semplicemente irraggiungibile. Non solo, ma da una interessante indagine condotta da SWG per Confindustria Assoimmobiliare QUI il REPORT, si rileva anche che a differenza di quanto si possa pensare, l’atteggiamento degli italiani nel merito dei contenuti della direttiva è largamente positivo e da moltissimi ritenuto un’opportunità, più che un problema (per esempio per rigenerare le nostre disastrate periferie).
Dalla stessa indagine, inoltre, emerge che ben pochi sono a conoscenza della classe energetica della propria abitazione che, peraltro, raramente è stata aggiornata nel tempo, malgrado gli interventi di miglioria siano stati frequenti e importanti; cosa che ci porta a concludere che anche gli unici dati disponibili, e più volte citati, sullo stato del patrimonio edilizio italiano (quelli del Catasto Energetico dove si registrano gli APE) necessitino quanto meno di un aggiornamento, almeno per poter ragionare su numeri veri.

Poco si sa su come si debba intervenire su un immobile per elevarne le prestazioni energetiche e, anche alla luce dei risultati del superbonus, gran parte del problema sembra ridursi alla realizzazione dei mitici “cappotti termici”.

Poco o nulla si dice e si fa in merito alle dotazioni tecnologiche che, viceversa, impattano infinitamente meno e garantiscono risultati molto più che apprezzabili e soprattutto misurabili.

La direttiva sulla mobilità elettrica

Se cambiamo argomento e parliamo di mobilità elettrica, anche in questo caso l’opposizione alla direttiva europea sembra non tenere in minimo conto alcuni dati inequivocabili, tra i quali il primo è che l’industria dell’automobile, costituita ormai da pochi grandissimi colossi multinazionali, sta già andando nella direzione dell’elettrificazione, e basterebbe semplicemente guardare la TV e i messaggi pubblicitari che vengono passati per rendersene conto. L’ingresso di nuove tecnologie ha sempre determinato timori, perché il cambiamento è faticoso, ma la società e l’economia hanno sempre trovato il modo per trasformare questi cambiamenti in opportunità.

Alla politica, nazionale in questo caso, bisognerebbe invece porre questioni corrette e concrete, tra le quali, per esempio, come sostituire l’infrastruttura di distribuzione di combustibili fossili, con una infrastruttura per la distribuzione di energia elettrica e, in un futuro non molto lontano, di idrogeno, ugualmente capillare. Ma anche di come integrare le politiche sulla casa con quelle sulla mobilità elettrica, che costituiscono due aspetti assolutamente integrati, come su queste pagine ha sottolineato provocatoriamente Giuseppe Pugliese, e che finora raramente sono stati affrontati assieme.

È evidente a tutti che bisognerà muoversi con buon senso, ma questo buon senso non significa rallentare un processo in atto che va visto più che come un problema, come una grande opportunità, anche per il nostro Paese. E di questo la maggior parte degli italiani sembra essere assolutamente consapevole.

Luca Baldin

Project Manager di Pentastudio e della piattaforma di informazione e marketing Smart Building Italia. È event manager della Fiera Smart Building Expo di Milano e Smart Building Levante di Bari. Dirige la rivista Smart Building Italia.