Il valore della formazione
Tutto ci dice che stiamo attraversando a grandi passi una fase cruciale della storia umana, una di quelle fasi
che sicuramente troveranno posto nei libri
I modi coniati per descriverla sono molteplici: “rivoluzione digitale”, con chiaro riferimento all’avvento dell’intelligenza artificiale; “transizione energetica”, divenuta tema dominate dopo la crisi geopolitica tra Russia e Ucraina e la crisi climatica; “industria 5.0”, con riferimento ad una nuova rivoluzione industriale in atto che va oltre l’Internet of Things ed è dominata dalla marcata personalizzazione del rapporto uomo-macchina e dall’apprendimento automatico.
Come in occasione di ogni rivoluzione nella storia umana, le reazioni possono essere di due tipi: quella difensiva, che porta ad atteggiamenti conservativi, quando non a reazioni violente e contrarie al nuovo (è il caso noto dei luddisti in occasione della prima rivoluzione industriale); e quella che invece l’innovazione la cavalca e la trasforma in opportunità.
Inutile dire che nei secoli è sempre stata la seconda a risultare vincente, dal momento che le lancette dell’orologio della storia non ruotano mai al contrario; ma nelle fasi di transizione ci sono momenti in cui i due atteggiamenti convivono e non sempre quello che cavalca l’innovazione appare evidentemente vincente.
Il fattore determinante per cui, specie all’inizio di ogni processo “rivoluzionario”, la componente conservativa sembra prevalere è la paura: paura dell’innovazione che si trasforma in resistenza al cambiamento a favore di una apparente “confort zone” che ci fa sembrare il mondo in cui viviamo statico e, quindi, noto e dominabile. Quando dalla fase inerziale si passa all’accelerazione tipica di ogni processo innovativo, risulta sempre più evidente che la possibilità di “conservare lo status quo” è soltanto un’illusione.
A quel punto emergono i vincitori e i vinti, dove tra i primi troviamo coloro che si sono attrezzati per tempo per far fronte alle nuove dinamiche e tra i secondi coloro che si sono attardati a difendere l’indifendibile, oppure semplicemente non hanno capito che i tempi stavano cambiando.
Il discrimine è sottilissimo e molto spesso dipende da un solo fattore, determinante: il livello di conoscenza e, quindi, la formazione
La conoscenza, che deriva dai processi formativi, consente, infatti, di avere antenne più lunghe, ovvero di capire per tempo cosa sta accadendo premettendo di trasformare il rischio in opportunità; consente di rimanere dentro il ciclo della storia (e quello produttivo) e di non esserne espulsi; consente di dominare l’innovazione e non di subirla; in altri termini, consente di sconfiggere la “paura” dell’ignoto e di affrontare il futuro con maggiore fiducia.
In un momento come questo, progettisti e tecnici del nostro mondo professionale, si trovano a fare i conti con una trasformazione epocale, la cui direzione appare oramai ben tracciata, in primis dalla politica, che ha dovuto fare i conti nel volgere di pochi anni con problematiche note da decenni, ma lasciate nel cassetto proprio a causa dell’inerzia determinata dalla resistenza al cambiamento e al rischio politico connesso.
Solo fatti di inaudita straordinarietà, come la pandemia e la crisi geopolitica in atto, hanno portato a superare quelle resistenze e ad avviare una trasformazione che non lascerà nulla come prima, dimostrando come la politica, al di là di ciò che si possa pensare, ha un ruolo determinante nelle nostre vite.
Chiunque, come noi, si occupi di fare informazione e formazione, ha quindi una grandissima responsabilità in questa fase di cambiamento, per aiutare filiere complesse, come quella delle costruzioni, a comprendere e ad attrezzarsi non solo per fare fronte al cambiamento, ma per dominarlo.
È per questo che, poche settimane fa, abbiamo tenuto a battesimo anche la nostra Academy, che intende fornire risposte all’altezza ad un comparto che non deve attardarsi in battaglie di retroguardia, ma deve cogliere oggi le straordinarie occasioni di sviluppo che il cambiamento repentino di cui siamo testimoni sta già offrendo.
Formarsi non è né una perdita di tempo, né tanto meno uno spreco di denaro. Costituisce viceversa l’unico modo di rimanere al passo con i tempi, specie in un settore strategico come quello in cui operiamo, dal momento che la rivoluzione tecnologica del costruito costituisce e costituirà uno dei grandi ambiti interessati dal cambiamento in atto.
Nessuno può illudersi di rimanere fuori da questo processo e per questo ogni atteggiamento che si oppone alla qualificazione delle competenze, che cogliamo ancora attorno a noi e che sembra frutto di rendite di posizione, appare semplicemente anacronistico e destinato inevitabilmente ad essere surclassato dagli eventi.