Il valore dell’innovazione
A Mantova, lo scorso 20 settembre, si è svolto il tradizionale appuntamento di E-Valuations, la principale associazione di valutatori immobiliari italiana. Sotto i riflettori l’impatto della transizione tecnologica in atto sul mercato.
Ci sarà ancora un valutatore immobiliare quando l’avvento dell’IA sarà maturo? Questa domanda è aleggiata minacciosa nella sede mantovana della convention annuale di E-Valuations, tra proiezioni catastrofiche e atteggiamenti più o meno consolatori.
Sotto i riflettori dei valutatori immobiliari quest’anno è finito, infatti, il turbolento processo di innovazione in atto, che impatta quotidianamente sul loro mestiere, introducendo nuove variabili.
Sarà un algoritmo a risolvere la cosa in via definitiva dettando la fine di una professione? O sarà ancora e sempre l’uomo, in fin dei conti, a guidare la macchina, efficientando soltanto il processo?
La maggioranza dei presenti era propensa per questa seconda ipotesi, senza dare evidenza tuttavia se questa propensione si avvicinasse a una previsione, oppure ad un auspicio o, ancora ad una speranza.
Ma il tema dell’IA non è stato l’unico affrontato nella giornata Mantovana, lasciando ampio spazio anche all’evoluzione del mercato immobiliare alla luce dell’approvazione della Direttiva Europea Case Green. In quella sede si sono condivisi alcuni dati inequivocabili, desunti dal recente Rapporto sugli Smart Buildings di The European House Ambrosetti. Punti di partenza imprescindibili con ricadute certe sul settore delle valutazioni sono l’obsolescenza del patrimonio immobiliare italiano (l’84,5% è stato costruito prima del 1990) e l’ineluttabilità del processo di rinnovamento che ci attende nei prossimi anni, dal momento che anche gli scenari politici sembrano indicare una continuità dell’operato tra i due mandati di Ursula Von Der Leyen.
Dato tutto ciò per assodato, è prevedibile che, per quanto oggi ci si sgoli a dire di no, nel prossimo futuro verranno studiati incentivi per accelerare un processo di rinnovamento ancora drammaticamente fermo ad un misero 0,8% annuo, auspicando che si propenda per premiare standard di prestazione (misurabili) e non di dotazione.
In attesa che ciò accada, sul fronte immediato, il dato che colpisce di più è la forbice che tende ad allargarsi tra domanda ed offerta di edifici in classe A. Se è vero, infatti, che la quota di edifici in questa classe è quasi raddoppiata tra il 2018 e il 2023, è altrettanto vero che la quota di edifici in classe A disponibili sul mercato è stabile, se non addirittura in contrazione; e ciò mentre la sensibilità al tema dell’efficienza energetica degli immobili da parte del potenziale acquirente degli edifici è viceversa in fortissima crescita (+75% in un anno).
L’esito di tale divaricazione è semplice da prevedere, e significherà inevitabilmente un apprezzamento degli edifici con le classi energetiche migliori e un deprezzamento di quelli nelle classi peggiori. Basti al riguardo un dato significativo, ovvero l’apprezzamento medio di un edificio ristrutturato rispetto ad uno da ristrutturare, che oggi quota mediamente il 44% del suo valore.
Ma il mestiere del valutatore non sarà reso più complesso soltanto a causa di variabili tutto sommato abbastanza prevedibili, ma anche per l’impatto del contesto, sempre più articolato. Non dovrà per esempio sfuggire al valutatore di un immobile il suo essere già parte, o il poter potenzialmente partecipare ad una comunità energetica; oppure, ancora, la dotazione di impianti aggiornati, quali quelli per la distribuzione dei segnali digitali, che per gli edifici costruiti o riqualificati dopo il luglio 2015, sono obbligatori e sono direttamente collegati all’agibilità dell’edificio da valutare. Aspetti complessi, quindi, che pretendono anche competenze differenti e articolate, che impatteranno sempre più anche sulle dimensioni degli studi dei valutatori.