Innovazione tecnologica nell’edilizia: un problema culturale

10 Novembre 2024 Luca Baldin


I dati presentati il 7 novembre a Milano da ANIE Confindustria e raccolti e sistematizzati da CRESME sull’impatto delle nuove tecnologie elettriche e elettroniche nell’abito dell’edilizia, a prima vista sembrano presentare uno scenario positivo: se è vero, infatti, che il mercato privato nel 2024 è in contrazione rispetto ad un 2023 in cui ancora spingeva forte grazie al Superbonus, è vero anche che le opere pubbliche grazie al PNRR sono in forte crescita e che l’impiantistica in genere registra un incremento di spesa che si traduce in un andamento positivo dal lato occupazionale.

Tutto bene, quindi? Non proprio, dal momento che la ricerca evidenzia anche una preoccupante resistenza al cambiamento e all’innovazione che coinvolge non solo l’utente finale, ma anche l’intera filiera dei progettisti e dei tecnici, come ha evidenziato con dovizia di dati Lorenzo Bellicini, direttore del CRESME, cosa che rende più problematica e lenta la doppia transizione in atto del patrimonio edilizio, digitale ed energetica, che investe direttamente sia il comparto elettrico che quello elettronico.

Ma andiamo con ordine: l’indagine ha il grande pregio di aver coinvolto l’intera filiera, ovvero progettisti e tecnici dell’installazione, ma anche amministratori di immobili e gli utenti finali, ovvero le famiglie. Quindi è molto rappresentativa del sentiment che riguarda l’intero comparto, dal momento che per procedere speditamente questi soggetti dovrebbero condividere un sentire comune.

Ebbene, ciò che emerge dall’indagine condotta a cavallo tra 2023 e 2024, è anzitutto che il mercato edilizio arriva da un record storico, raggiunto nel 2022 con un fatturato di 309 miliardi di euro e che nei successivi due anni è alla ricerca di un punto di caduta dopo la sbornia da superbonus, con una flessione che nell’anno in corso arriverà al 26.5%. Non poca cosa. Nel quadro complessivo del comparto dell’edilizia l’impiantistica nel 2023 ha rappresentato il 37% della spesa complessiva, con una crescita media annua del 9,4%. La performance del comparto rispetto al totale dell’investimento in edilizia segna un leggero calo, a causa della ben nota e famigerata suddivisione degli interventi incentivati in “trainanti” e “trainati”, dove i secondi sono risultati indubbiamente penalizzati, e pur tuttavia rappresenta oltre un terzo del valore complessivo dei lavori.

Anche l’occupazione del comparto elettrico ed elettronico segna un incoraggiante +8,4% rispetto al 2012, con 66 mila imprese attive e 251 mila addetti con un valore della produzione che si attesta nel 2023 a 21,8 miliardi di euro, in netta crescita rispetto al dato pre covid del 2018 (quando il valore era di16 mld).

Da questi dati possiamo evincere alcune considerazioni generali.

La prima è che il comparto elettrico, elettrotecnico e elettronico già svolge e ancor più svolgerà nel prossimo futuro un ruolo da autentico protagonista della transizione green dell’edilizia, non fosse altro a causa del massiccio processo di elettrificazione in atto e della necessità crescente di monitorare i consumi, ma che dal punto di vista della consapevolezza della filiera siamo ancora molto indietro.

La seconda considerazione riguarda il ruolo delle istituzioni, nazionali ed europee, perché è evidente a tutti che la transizione energetica senza una massiccia iniezione di fondi pubblici è e rimarrà un sogno. Ma la lezione del Superbonus ci dice anche che non è possibile procedere a strappi. La crescita esponenziale del mercato dell’edilizia dal 2020 al 2022 e la altrettanto forte flessione in atto, disegnano un mercato schizzofrenico (verrebbe da dire drogato) che per le imprese sane costituisce un grosso problema, perché non consente investimenti a lungo termine e una conseguente crescita armoniosa. Occorre quindi che i provvedimenti che verranno presi a livello europeo e nazionale per il raggiungimento degli obiettivi della EPBD4 non siano il classico step by step, ma siano provvedimenti di medio lungo termine, magari meno ricchi, ma con un respiro più lungo, in modo tale da sostenere un mercato in modo non episodico e con una visione strategica. Avendo degli obiettivi temporali chiari, imposti dalla direttiva europea, l’ideale sarebbe che le incentivazioni avessero tendenzialmente lo stesso timing.

Terza ed ultima considerazione riguarda quelle che Bellicini definisce “le sovrastrutture frenanti” allo sviluppo delle innovazioni, ovvero l’abitudine e la non conoscenza, che riguardano tutti gli attori della filiera, ma più gravemente quelli che dovrebbero spingere di più sull’innovazione stessa, ovvero progettisti e tecnici. Sotto questo profilo è indispensabile mettere mano ad un massiccio processo di aggiornamento delle competenze, cosa di cui sembra essersi accorta persino la Comunità Europea, dal momento che ha emanato alcuni bandi specificatamente indirizzati al reskilling dei tecnici.  Ma, come dimostra in modo inequivocabile il dato sugli installatori, abbiamo urgente bisogno di immettere giovani nel settore, nativi digitali e propensi all’innovazione.

 

Luca Baldin

Project Manager di Pentastudio e della piattaforma di informazione e marketing Smart Building Italia. È event manager della Fiera Smart Building Expo di Milano e Smart Building Levante di Bari. Dirige la rivista Smart Building Italia.