Linee guida per una digitalizzazione democratica del Paese
Mario Draghi, pochi giorni fa, ha presentato il suo corposo e discusso dossier sulla competitività dell’Unione Europea a Ursula Von Der Leyen; un documento ricco di spunti e anche provocatorio come può permettersi di fare un uomo colto, preparato, ma non troppo invischiato nella politica che, quindi, può prendere a bastonate i nostri decisori nel tentativo di ridestarli da un torpore allarmante.
I punti toccati nel documento sono numerosi, come si diceva, ma molti si sono soffermati solo sulla cifra monstre di investimenti (800 miliardi all’anno) che sarebbero necessari con regolarità per innescare il cambio di rotta del continente e tenerlo al passo di USA, Cina e India. Il fatto è che, anche se ci fossero, sarebbe necessario poi spenderli bene, e le due cose non necessariamente vanno assieme.
Tra i punti cardini del piano Draghi spiccano temi già in agenda dell’Unione Europea, anche se mal digeriti da qualcuno, come la digitalizzazione (con annessa la cybersecurity e l’IA) e la transizione energetica, indicata da Draghi come una grande opportunità per i Paesi dell’Unione, dove esprimere un primato che in altri campi appare difficile, visto il ritardo accumulato.
Sugli stessi identici argomenti, a Roma, l’11 settembre scorso, presso la Camera dei Deputati si è svolto il Summit for territories di Smart Buildings Alliance, col preciso intento di avviare un dialogo stretto con le istituzioni al massimo livello per la condivisione di una strategia che renda più semplice la digitalizzazione del Paese a tutto vantaggio del cittadino.
Alla base delle proposte di SBA sta un ragionamento molto semplice: senza una infrastrutturazione digitale del parco immobiliare nazionale non è, e non sarà possibile alcuna vera transizione digitale ed energetica del Paese.
La raccomandazione è, quindi, puntare con decisione su un’adozione massiccia di impianti in fibra ottica, dotati di edge computing open source, come infrastrutture abilitanti in grado di consentire al mercato di sviluppare con estrema libertà nuove applicazioni a bassissimo costo per il cittadino e per le imprese. A Roma è stato opportunamente ricordato, anche in presenza dei vertici CEI, che il nostro Paese con l’adozione della Guida CEI 306-2, si era posto all’avanguardia in Europa, salvo dimenticarsene in fase attuativa.
L’obiettivo della politica, quindi, non dovrebbe mai essere quello di indicare le tecnologie da adottare per ottenere i risultati (che inevitabilmente invecchiano e danno vita a fenomeni inflattivi), ma piuttosto di fissare gli obiettivi da raggiungere, lasciando ai progettisti, ai tecnici e al mercato il compito di perseguirli nel modo più efficace ed efficiente.
Un esempio su tutti riguarda la transizione energetica e il perseguimento degli obiettivi dell’EPBD4, dove, come ha ampiamente dimostrato il fallimento del Superbonus, non si possono dare delle prescrizioni operative apodittiche su come ottenere i risultati e, conseguentemente, premiare fiscalmente operazioni al limite dell’assurdo costruite sulla base di APE solo teoriche; ma bisogna partire da dati misurabili e porre degli obiettivi altrettanto misurabili, e premiare il conseguimento di quegli obiettivi, indipendentemente da come essi siano stati raggiunti.