Nuovi scenari per la connettività satellitare
È dall’inizio dell’anno che assistiamo a fibrillazioni notevoli nel campo della connettività satellitare.
Ha aperto le danze Jeff Bezos, con l’annuncio che entro due anni sarà pronto a fare concorrenza a Elon Musk offrendo un servizio di banda larga via satellite nel Regno Unito e successivamente in tutta Europa. Successivamente abbiamo assistito al divorzio tra Eutelsat e TIM che ha lasciato a piedi oltre duemila italiani che avevano affidato la loro connettività Internet ai vecchi satelliti geostazionari dell’operatore francese, tra reciprochi scambi di accuse. Infine, abbiamo assistito alla crescita dei rumors sul matrimonio tra lo Stato italiano e Elon Musk per utilizzare la rete di satelliti in orbita bassa Starlink, con sullo sfondo l’opportunità di garantire il raggiungimento degli obiettivi dell’agenda digitale europea ad un costo inferiore.
In questo panorama in rapida evoluzione, che direttamente o indirettamente coinvolge anche gli operatori FWA (le prestazioni dei satelliti in orbita bassa sono ormai paragonabili a quelli delle connessioni FWA), molti si chiedono quando possa valere in prospettiva questo business, alla luce del fatto che le precedenti esperienze sono state limitate ad un mercato di nicchia.
Al riguardo ci soccorre un report commissionato proprio da Amazon ad Analysys Mason che cerca di definire come potrebbe evolvere lo scenario in termini di diffusione della tecnologia, quantità di clienti e copertura territoriale, con un focus sul risparmio possibile per connettere le aree più remote del Paese senza utilizzare la tecnologia FTTH.
Lo studio ha considerato quindi il potenziale della banda larga satellitare Leo (low Earth Orbit) in sette paesi dell’Ue: Francia, Germania, Grecia, Italia, Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca.
Partendo dal principio che il costo dell’implementazione dell’FTTH aumenta in modo esponenziale con la diminuzione della densità di popolazione, ragion per cui, in media, in tutta l’Ue, oltre il 20% delle famiglie rimane non raggiunto da reti ad alta velocità, lo studio mira a verificare la validità dell’opzione satellitare, sia sotto il profilo dei costi che delle prestazioni.
Lo studio condotto da Analysys Mason stima che le costellazioni di satelliti entro il 2030 avranno una capacità sufficiente per servire da 2,6 milioni (nello scenario ampia larghezza di banda) a 4,2 milioni di clienti (scenario bassa larghezza di banda) nei sette paesi analizzati.
In Italia il potenziale della connettività satellitare Leo è compreso tra il 2,4 e il 4% delle famiglie, ovvero un pubblico residente prevalentemente in aree a bassa densità abitativa che corrisponde ad un mercato tutt’altro che trascurabile (da 600 mila ad un milione di potenziali abbonamenti).
La ricaduta positiva per la mano pubblica è altrettanto rilevante, dal momento che la connessione di queste famiglie mediante le tecnologie satellitari porterebbe come effetto immediato un risparmio considerevole per il governo italiano in termini di sussidi per garantire la connettività in aree a fallimento di mercato, che lo studio quantifica in una forbice tra 3,7 e 4,4 miliardi di euro.
Numeri che danno la misura degli interessi in ballo e che spiegano in buona parte le attenzioni per l’unico operatore di satelliti a orbita bassa, ovvero Leon Mask e la sua Starlink, in attesa che altri inizino (con colpevole ritardo) a fare un po’ di concorrenza.