Colonnine di ricarica: ancora poche secondo Federauto
Migliora l’acquisto di veicoli elettrici ma sono ancora poche le stazioni di ricarica nei centri urbani e sulla rete autostradale
Transizione energetica che vacilla: se infatti viaggiano – seppur a rilento rispetto ad altri paesi europei – le politiche di incentivazione del rinnovo parco auto, la diffusione delle colonnine di ricarica dei veicoli elettrici, necessarie ovviamente, rallenta.
Questo quanto si desume dal blocco de piano delle colonnine di ricarica in autostrada, cosa che, ovviamente, va direttamente a minare la possibilità di circolare con auto elettriche al di fuori delle nostre città.
E così, se un automobilista si trova ovviamente legato all’autonomia delle batterie, stazioni e colonnine di ricarica tra strade e autostrade dovrebbero essere servizi basilari volti a facilitare l’uso dei veicoli elettrici, ma, secondo Federauto, Federazione italiana dei concessionari auto, nel nostro paese questo è ancora un lontano miraggio.
Sebbene sia costante, infatti, l’aumento di consumatori che ha scelto vetture elettriche nell’ultimo biennio, con tanto di record di vendite a settembre 2021, in Italia continua ad esistere un grave gap con la media UE, come delineato dal Presidente di Federauto, Adolfo De Stefani Cosentino, in una nota ufficiale:
La transizione energetica poggia su due pilastri fondamentali: le politiche di incentivazione per il rinnovo del parco auto circolante e la diffusione delle infrastrutture di ricarica dei veicoli elettrici, nelle città e sulla rete autostradale. Senza queste leve non riusciremo a raggiungere gli ambiziosi obiettivi nazionali ed europei. In particolare, senza colonnine sarà molto difficile convincere gli italiani a comprare veicoli elettrici.
Colonnine di ricarica: quali le problematiche principali secondo i concessionari?
Sicuramente il blocco del piano di copertura volto a realizzare una nuova infrastruttura autostradale di ricarica ad alto potenziale, già previsto nella Legge di Bilancio 2021 e che doveva essere realizzato entro il 30 giugno scorso.
In secondo luogo, poi, la decisione dell’Art, Autorità di Regolamentazione dei Trasporti, che ha recentemente approvato una delibera stabilendo per fine febbraio 2022 la data ultima entro cui pubblicare i requisiti per i bandi. Si tratta di tempi decisamente inadeguati e incompatibili con quelli previsti dagli obblighi comunitari e nazionali, secondo gli addetti ai lavori.
Sul tema ha detto la sua anche Francesco Venturini, CEO Enel X, che al Sole24Ore ha affermato che le colonnine di ricarica in autostrada sono ad oggi ferme, nonostante la legge che obbligava i Concessionari a installarle entro giugno. Fermo, inoltre, anche il tema del rinnovamento in chiave green del trasporto pubblico, nonostante i fondi in Bilancio dal 2017:
Nonostante si debbano installare 10GW l’anno e l’intera economia sia sotto pressione dall’aumento del prezzo degli idrocarburi. Draghi parla di immobilismo istituzionale e ha ragione. Una ricetta? Che la transizione ecologica sia guidata dalla PA, ma mancano stimoli e una chiara leadership.
Ma, va detto che lo stesso Piano nazionale di ripresa e resilienza ha delineato come necessaria l’azione di ampliamento della rete di ricarica per veicoli elettrici con un intervento per la realizzazione di 21.255 punti di ricarica rapida, di cui 7.500 in autostrada e 13.755 nelle città.
Lo “Sviluppo trasporto rapido di massa” prevede quindi un sostegno finanziario di 3,60 miliardi di euro e fa parte della cosiddetta missione “Rivoluzione verde e transizione ecologica”, che potrà contare su 23,78 miliardi di euro.
La situazione attuale? In Italia ad oggi si contano circa 12 mila punti di ricarica: uno ogni cinque vetture elettriche o plug-in in circolazione nel 2020, contro il totale europeo di 250.000.
Intanto, si legge nel Ddl Concorrenza che entro 9 anni (ottobre 2030) dovranno essere installati (e attivati) 21mila colonnine di ricarica in più per auto elettriche.