Efficienza energetica degli edifici cardine della decarbonizzazione
L’Agenzia Internazionale per l’Energia indica l’evoluzione del settore edilizio come fattore cruciale per il raggiungimento degli obiettivi climatici
Per capire l’importanza della posta in palio basta qualche numero: nel mondo il 35% dei consumi finali di energia e il 38% delle emissioni di anidride carbonica va attribuito al settore dell’edilizia. Va da sé che investire nell’efficienza energetica degli immobili non rappresenta un’opzione ma una stringente necessità per raggiungere gli obiettivi climatici globali. E questa una delle considerazioni più importanti scaturite nel corso del recente webinar “Efficienza energetica negli edifici: trend globali, strumenti, strategie e supporto alla decarbonizzazione”. Un incontro virtuale organizzato dalla Rappresentanza Permanente d’Italia presso le Organizzazioni Internazionali a Parigi in collaborazione con ENEA.
Punto centrale del webinar è stata l’illustrazione dei principali contenuti di due recenti pubblicazioni dell’Agenzia Internazionale per l’Energia (AIE): “Energy Efficiency 2020” e “Energy Technology Perspectives 2020”. La premessa è che lo sguardo e le valutazioni sul settore edilizio devono comprenderne tutto il perimetro, che risulta più largo di quanto può suggerire il senso comune. E così, per misurare l’impatto del settore sui consumi di energia finale e sulle emissioni di carbonio occorre considerare sia l’attività che si svolge all’interno degli edifici, sia i consumi indiretti, compresa l’energia necessaria per costruire i materiali stessi degli edifici, principalmente cemento ed acciaio. Solo quest’ultima, infatti, produce ben il 10% delle emissioni globali di anidride carbonica.
Considerato l’enorme impatto ambientale dell’edilizia, le sfide da raccogliere e vincere, come sottolinea l’AIE, sono diverse lungo una strada che deve portare a decarbonizzare il settore entro il 2070 a livello globale. Un traguardo che peraltro l’Unione europea ha già anticipato al 2050 per il nostro continente, dove bisogna fare i conti con il patrimonio edilizio esistente, spesso fatto di edifici poco efficienti con una generazione termica ancora molto dipendente dalla combustione fossile, oltre che con la crescita senza precedenti dei consumi per raffrescamento. Ben diverso il discorso relativo ai Paesi in via di sviluppo dove la crescita di superficie costruita avviene in modo impetuoso, tanto da farne stimare un raddoppio entro il 2070, il che equivale a costruire ogni settimana una città delle dimensioni di Parigi per i prossimi 50 anni…
Una situazione complessa per affrontare la quale, nella visione dell’AIE, è necessaria una strategia basata su tre pilastri. Il primo consiste nella riduzione della domanda energetica degli immobili, quindi costruire degli edifici più performanti e confortevoli, che permettano di integrare fonti di energia pulita, ed allo stesso tempo migliorare il patrimonio edilizio esistente con un processo di riqualificazione che avanzi al ritmo annuale del 2/3%. Il secondo punto consiste nel progressivo abbandono dei combustibili fossili, il che implica una sempre maggiore integrazione di fonti rinnovabili nell’involucro edilizio, considerando come superfici utili non solo il tetto ma anche la facciata, dotandola ad esempio di componenti attivi quali le finestre elettrocromiche. Fondamentale, poi, la connessione a reti “pulite” per il riscaldamento e l’elettrificazione. L’ultimo punto della strategia sta nell’efficienza e flessibilità. I consumi energetici del settore edile andranno ottimizzati temporalmente riducendo i picchi della domanda e favorendo così la decarbonizzazione della generazione elettrica.
Dunque ci attende un futuro a dir poco impegnativo sul fronte della decarbonizzazione edilizia, anche perché negli ultimi anni si è purtroppo fatto meno del necessario. Gli studi dell’AIE, infatti, evidenziano il rallentamento, a partire dal 2015, del miglioramento dell’intensità energetica degli edifici. Una tendenza che si è confermata anche l’anno scorso con un trend al di sotto dell’1%. E si tratta di un grande problema poiché per raggiungere gli obiettivi globali di lungo termine posti dalle politiche climatiche l’intensità energetica dovrebbe invece migliorare di almeno un 3/4% all’anno.
In particolare, sul rallentamento dell’efficienza energetica nel 2020 ha inevitabilmente influito la pandemia. Il regime di lockdown ha impedito a lungo l’accesso agli edifici residenziali ritardando gli interventi di efficientamento, dall’installazione di contatori intelligenti per digitalizzare il controllo energetico ad altre opere come la manutenzione o la sostituzione di impianti di riscaldamento/raffrescamento, per non parlare degli interventi di maggiore impatto come le ristrutturazioni di più alto profilo. Non altrettanto intuitivo un altro fattore che ha rallentato il miglioramento dell’efficienza energetica, lo smart working. Il report dell’AIE sottolinea come il telelavoro non solo ha aumentato i consumi energetici nelle abitazioni, ma ne ha anche alterato le tempistiche. Nella sostanza, le attività a più alto consumo energetico, prima concentrate nel fine settimana, si sono spostate nei giorni infrasettimanali.