La burocrazia italiana non fa alcuno “sconto” alle fonti rinnovabili
I dati dell’Osservatorio VIA segnalano come su 1.372 richieste di autorizzazione per impianti energetici green solo 68 hanno finora ricevuto risposta
Un elenco infinito di documenti da produrre, code da sopportare, problemi imprevisti al momento della presentazione, l’attesa interminabile e spesso inspiegabile prima di un esito che a volte non è nemmeno conclusivo… Siamo in Italia e quindi avrete già capito perfettamente di che cosa stiamo parlando, ovvero la richiesta di un’autorizzazione presentata alla Pubblica Amministrazione. E se è vero che le rinnovabili rappresentano il nuovo che avanza, il “vecchio” apparato dello Stato non fa sconti nemmeno a loro, come certifica in modo inequivocabile una recente indagine.
Il lavoro è stato compiuto dall’Osservatorio VIA di ANIE Rinnovabili, dove VIA sta per Valutazione di Impatto Ambientale, un passaggio indispensabile anche nell’iter di autorizzazione per l’installazione di impianti energetici basati sulle fonti rinnovabili. In particolare, le procedure che vengono analizzate dall’Osservatorio di ANIE Rinnovabili fanno riferimento a quelle depositate presso le commissioni VIA/VAS (quest’ultimo acronimo di Valutazione Ambientale Strategica) e VIA PNIEC/PNRR del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE).
Un’affollata lista d’attesa
Fra i tanti numeri contenuti nell’indagine, a colpire maggiormente è una percentuale: soltanto il 5,2% delle procedure autorizzative prese in considerazione risulta essere arrivato a conclusione, mentre il resto è, per così dire, in lista d’attesa. Nel dettaglio, l’analisi dell’Osservatorio VIA riguarda le procedure per l’autorizzazione di impianti rinnovabili depositate dal 2020 fino al 30 giugno del corrente anno. In tutto sono 1.372, corrispondenti a una potenza di 68.220 MW. Un ammontare considerevole, ma purtroppo in gran parte teorico considerato, come detto, l’esiguo numero di procedure giunte a conclusione, appena 68.
Nel dettaglio, tra le procedure ancora in corso che corrispondono a una potenza di 64.668 MW, la maggior parte risulta essere nella fase di “istruttoria tecnica”, per una potenza complessiva di 47.560 MW, mentre risultano in “verifica amministrativa” 6.842 MW. L’Osservatorio VIA segnala inoltre una situazione paradossale che riguarda le poche procedure concluse: per il 21,5% c’è stato un esito positivo, bocciato l’8,2% mentre il restante 70,3 per cento risulta “non specificato”, ovvero dalla documentazione non si evince se l’esito sia positivo o negativo.
Richieste suddivise per tipologia d’impianto
Andando a scomporre il dato sulle richieste di autorizzazione, emerge che la potenza degli impianti rinnovabili è così distribuita per tipologia: 46,5% di agrivoltaico; 32% di eolico onshore; 14,6% di fotovoltaico e, a seguire, 3,8% di eolico offshore e 3% di idroelettrico da pompaggio. Un ulteriore elemento riguarda la grande crescita nelle procedure analizzate dei sistemi di accumulo (SdA) che sono abbinati a impianti rinnovabili, con un aumento 247% nel 2023 rispetto al 2022 (l’anno scorso rispetto al 2021 l’incremento era stato solo del 6,4%).
Ma quali sono le ragioni che determinano questa lentezza nel rilasciare le autorizzazioni per gli impianti energetici rinnovabili? Oltre alle inefficienze che purtroppo accomunano i più diversi settori della Pubblica Amministrazione, l’Osservatorio VIA aggiunge una spiegazione più specifica, legata al fatto che per queste procedure sono chiamati ad esprimersi due ministeri differenti: “Le tempistiche di valutazione del MiC, il Ministero della Cultura che ha sostituito il MIBACT, sono maggiori rispetto a quelle del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica”. E la situazione si complica ulteriormente quando i pareri espressi dai due ministeri competenti sono in contrasto, il che trasferisce la decisione finale in capo alla Presidenza del Consiglio dei ministri.