Titoli di coda per il Superbonus, no alle richieste di proroga
Bocciati in Commissione Ambiente e Industria del Senato gli emendamenti che prevedevano un posticipo della riduzione al 70% che scatterà il 1 gennaio 2024
Bocciati, cancellati, eliminati, cassati… Decidete voi il verbo, fatto sta che la sostanza è una sola, ovvero che la corsa del Superbonus è ormai entrata nella sua fase terminale e che ogni tentativo di prolungarla – leggasi emendamenti che ne prorogano i termini – finisce invariabilmente su un binario morto nelle stanze di Montecitorio.
La riprova più recente che il destino della maxi agevolazione è ormai segnato la si è avuta pochi giorni fa in Commissione Ambiente e Industria del Senato, i cui membri erano chiamati ad esprimersi sugli emendamenti al disegno di legge per la conversione del Decreto Asset e Investimenti, appunto rivolti ad allungare le scadenze del Superbonus per i condomini. Diciamo subito che il clima non era dei più favorevoli considerato che la seduta era stata preceduta da una nota “di fuoco” diramata al termine dell’ultimo Consiglio dei ministri: “I bonus edilizi avranno un impatto negativo sui conti pubblici e, in assenza di questi, il debito sarebbe sceso di un punto percentuale all’anno”.
Riduzione progressiva del recupero fiscale
Bisogna però aggiungere che gli emendamenti con le proroghe al Superbonus erano stati presentati non soltanto da esponenti delle forze politiche di minoranza ma anche da alcuni rappresentanti della maggioranza. Al riguardo va ricordato che le regole attuali – a questo punto con tutta probabilità destinate a rimanere tali – prevedono il 110% di recupero delle spese documentate effettuate in regime di Superbonus fino al 2022, del 90% di quelle relative all’anno in corso, mentre nel 2024 è prevista una robusta sforbiciata al 70% (65% nel 2025), tale da rendere non più appropriato il termine super a descrivere il bonus.
L’emendamento presentato dalla minoranza prevedeva di posticipare al 1 gennaio 2025 il taglio fino al 70% relativo ai lavori condominiali, con l’intento di impedire che i frequenti ritardi nell’esecuzione dei lavori potessero tradursi in un salasso economico per condomini che invece avevano preventivato di andare incontro a delle spese minime grazie alla maxi agevolazione. Meno generosa, invece, la proroga prevista nell’emendamento della maggioranza, con l’aliquota al 90% tenuta in vita fino al 30 giugno del 2024.
Le reazioni negative di CNA e ANCE
Differenze di tempistica divenute comunque irrilevanti di fronte alla bocciatura di entrambi gli emendamenti in Commissione, con il parere negativo di governo e maggioranza, all’interno della quale c’è evidentemente bisogno di qualche chiarimento sulla materia. Immediate le reazioni negative alla bocciatura. Per la CNA “avrà conseguenze pesantissime su imprese e famiglie. L’effetto sarà che dal prossimo primo gennaio vedranno scendere il beneficio dal 110% al 70% rendendo di fatto impraticabile terminare i lavori. E sono circa 20mila i cantieri che non potranno concludere gli interventi di riqualificazione con danni ingenti per le famiglie e per le imprese che sono ancora in attesa di risposte sull’emergenza dei crediti incagliati”.
La presidente dell’ANCE, Federica Brancaccio, ha sottolineato in un’intervista sul Sole 24 Ore che con la proroga si sarebbe consentito “a chi ha già iniziato i lavori, ed è a un certo stato di avanzamento, di portarli a termine con qualche mese in più. I cantieri hanno subito un rallentamento, soprattutto a causa della difficoltà di monetizzare i crediti. Bisogna poterli concludere in un tempo congruo e non lasciare contenziosi, imprese fallite, famiglie disperate e anche impalcature abbandonate e lavori a metà in tutte le nostre città”.