AAA Installatore cercasi
C’è un dato, contenuto nella ricerca realizzata da CRESME per ANIE quest’anno sul mercato della tecnologia elettrotecnica e elettronica nell’edilizia italiana, che fa letteralmente sobbalzare e, per quanto sembri assurdo, non riguarda l’ignoranza diffusa degli italiani in merito ai loro impianti elettrici, ma è quello sull’età anagrafica degli installatori.
La ricerca fotografa, infatti, una realtà finora solo percepita per sommi capi e che adesso si manifesta con l’evidenza dei numeri: il 52% del campione ha un’età superiore a 51 anni, oltre il 34% è compreso nella fascia tra 41 e 50 anni, e solo l’11% ha tra 31 e 40 anni con un misero 1% di giovani fino a trent’anni a completare la torta. Come dire, per semplificare, che oltre l’85% degli installatori italiani ha più di 40 anni e alle spalle ha solo un 1% di giovani che dovrebbero presto sostituirli…
Potrebbe sembrare una battuta, ma non lo è: si tratta di percentuali tipiche delle specie in via di estinzione.
Che il cosiddetto “mismatch” tra domanda e offerta di figure tecniche fosse un problema è cosa nota da tempo, ma che avesse questo livello di gravità sicuramente non era percepito. E il tema è di quelli che possono mettere in ginocchio ogni velleità di mettere a terra programmi multimiliardari e ambiziosissimi come quelli previsti dall’Unione Europea con il New Green Deal e la Energy Performance Buildings Directive 4, meglio nota come Direttiva europea sulle case green.
Come immaginare, infatti, di realizzare una mole gigantesca di interventi di riqualificazione edilizia, quali quelli a cui si dovrebbe mettere mano di qui al 2050 senza tecnici? Come introdurre innovazione negli edifici, strettamente legata alla loro digitalizzazione, con un corpo tecnico che nella maggior parte dei casi non è nativo digitale e la cui età avanzata rende poco propenso ad innovare?
Ma la domanda cruciale è: come si è arrivati a questa situazione e come porre rimedio?
Alla prima parte della domanda si risponde semplicemente guardando al nostro recente passato e a come abbiamo svilito il ruolo degli istituti tecnici, relegandoli a scuole di serie B, fatte per chi non aveva voglia di studiare. Una narrazione completamente sbagliata, specie in un Paese che, bene o male, è ancora il secondo Paese più industrializzato d’Europa. Un’altra risposta a quella stessa domanda è l’incapacità dimostrata dal mondo artigiano, di cui è costituito in gran parte il settore dell’installazione tecnica, a sviluppare forme azienda che per dimensione e attrattività fossero capaci di accendere l’interesse dei giovani. Terza e ultima risposta è l’incapacità del mondo imprenditoriale legato all’impiantistica, di raccontare l’evoluzione tecnologica in atto e di renderla attrattiva per un giovane. Il combinato disposto di questi errori porta diritto ai numeri di oggi.
Sul come porre rimedio a questa situazione, la risposta è decisamente più complicata, anche perché, come dimostrano i numeri raccolti da Cresme per ANIE, oggi abbiamo a che fare con una penuria di tecnici, ma tra pochi anni avremo a che fare con un vero e proprio buco generazionale che rischia di portare non a una carenza di tecnici, ma ad una vera e propria mancanza totale. Se, infatti, tra circa una quindicina d’anni oltre il 50% dei tecnici ora in servizio andrà in pensione, avrà alle spalle solo un misero 1% di tecnici più giovani a sostituirli: chiunque è in grado di trarre la conclusione da questi numeri.
Un gap drammatico, quindi, che si percepirà nella fase più acuta nel momento in cui, teoricamente, dovrà essere maggiore lo sforzo per la decarbonizzazione del patrimonio edilizio, ovvero tra il 2030 e il 2050, e che non si potrà colmare rapidamente, perché il processo di formazione di nuove leve, anche ammesso che si riesca ad invertire il trend oggi, ha una tempistica non comprimibile.
Tutto questo ci porta a dire che si debba affrontare il tema con decisione, ma anche lavorando su più fronti contemporaneamente: uno, l’abbiamo detto, è quello di restituire dignità imprenditoriale a un mestiere proiettato nel futuro e che ha strettamente a che fare con la sostenibilità, per attrarre i giovani; un altro è lavorare contemporaneamente, anche con incentivi e probabilmente mettendo mano alla normativa, alla formazione continua dei tecnici attualmente in campo, per contrastare il fatto che all’inevitabile aumentare dell’età media, corrisponda uno scollamento con l’innovazione tecnologica che sarebbe deleterio e che in parte si è già verificato; terzo e ultimo, e tocchiamo un tema delicato, è quello di immaginare di colmare quel vuoto generazionale che ormai sappiamo ci sarà e che arriverà al più tardi tra due decenni, con l’immissione di immigrati regolari e regolarmente formati, come peraltro sta avvenendo già in altri settori. Sarà solo il mix di queste tre azioni, condotte con coerenza e determinazione, a permetterci di superare l’attuale mismatch, che la ricerca di ANIE ci ha reso in tutta la sua evidenza.