Interconnessioni Attive ed Umanesimo Tecnologico
Dalla nuova globalizzazione al ruolo prioritario della tecnologia, che “non deve dominare l’uomo, ma lavorare per lui”. Parola del Prof. Ezio Andreta
Siamo pronti a vivere il cambiamento mondiale già in atto? La risposta a questa difficile domanda contiene la chiave per riuscire ad interpretare il futuro nell’ottica di un mondo dove l’uomo deve davvero essere al centro di un sistema basato, ovviamente, sulla tecnologia.
Anche, e soprattutto, in ottica Smart City.
Ne parla il Prof. Ezio Andreta, Consigliere del Presidente del CNR per gli affari europei e del Progetto Foresight Italia nonché Presidente di Apre: “Il tema delle connessioni è ad oggi il più importante. Esistono quelle digitali, della rete, e poi ci sono quelle che ci vedono legati all’Universo attraverso codici e modalità di cui ancora sappiamo poco”.
Il Prof. Andreta continua: “La connessione è quel fenomeno che genera modernità e globalizzazione. Ecco dunque il primo problema, rappresentato dal fatto che va cambiata totalmente la mentalità che vede questa globalizzazione come una semplice integrazione di spazi, mercati e politica. In realtà essa non può ridursi unicamente ad una mondializzazione, ma va intesa in primis come una integrazione ed interazione di spazi e nell’introdursi in una rete dove viaggia ogni cosa, persino la conoscenza”.
Una “nuova” globalizzazione
È una dilatazione di spazi abbinata ad una riduzione delle distanze, laddove le interconnessioni diventano essenziali per spiegare e dare vita a legami tra tutti i fenomeni in tutto il Pianeta. Un concetto che arriva a toccare tutti i sistemi umani e il futuro stesso dell’umanità, “in chiave Smart,” afferma Andreta.
Perché? “Il motivo sta nel fatto che si rovesciano così i paradigmi del mondo economico, sociale e politico, traducendosi in un differente rapporto spazio-temporale e nella morte della linearità, perché lo spazio diventa infinito e il tempo, dal canto suo, tende allo zero”.
La pandemia da Covid-19 ha giocato un ruolo importante, sostiene il professore, “portandoci ad auspicare un cambiamento che necessariamente dovrà avvenire, ma solo se saremo capaci di portare avanti una prospettiva visionaria dell’uomo e del mondo che lo circonda”.
Il mondo è cambiato, e anche l’uomo
“Bisogna partire dai tempi in cui, prima della globalizzazione, tutti i sistemi erano lineari, chiusi e pertanto facilmente governabili. In quel mondo, ormai lontano, la conoscenza era sicurezza e governabilità”.
E oggi? “Il mondo è cambiato e la globalizzazione ha aperto i sistemi, creando ignoranza, ingovernabilità ed incertezza. Il grosso problema è che pensiamo di governare il mondo attuale con sistemi di quello vecchio”.
In questo nuovo mondo contemporaneo, infatti, non esistono centri o periferie, parlando di territori, e siamo tutti attori con ruoli diversi: “Il problema risiede nell’autonomia, nel decentramento e in una struttura non più piramidale, perché oggi tutti possono decidere. In questo sistema il consumatore diventa anche produttore di sé e il prodotto viaggia in rete, non più sulle strade”.
L’Umanesimo Tecnologico
Tra Big Data e Intelligenza Artificiale, ad esempio, anche il mondo dei servizi risiede nelle interconnessioni, “che devono pertanto essere attive, con l’uomo al centro, e non la tecnologia”. E in termini energetici, ogni singola unità di consumo, spiega Andreta, “deve essere autonoma, mentre le eccedenze devono essere messe a disposizione della rete”.
È l’Umanesimo Tecnologico, nel quale la tecnologia cambia il mondo radicalmente ma non deve soffocare il suo fruitore, ovvero l’uomo: “Dobbiamo imparare a dominarla, basando anche i nostri sistemi economici e politici sulle sue potenzialità, senza però venirne sopraffatti”.
Stiamo però assistendo ad una falla in questo assioma: “Attualmente il sistema politico, per esempio, è totalmente assente nella scena tecnologica, e viceversa. Serve invece una politica illuminata che sappia cogliere il meglio e metterlo a disposizione della società. L’uomo deve poter usare la tecnologia per risolvere i suoi problemi, giocando però il ruolo del fulcro della stessa. Al centro, attore primo e obiettivo finale nonché creatore di un sistema fondato sulla tecnologia”.
La città del futuro
“Deve rispecchiare queste premesse, diventando sempre più organizzata, efficiente e sostenibile. Una città inclusiva e intelligente, con la tecnologia al servizio non solo delle aziende o dei privati, ma di tutti e anche dei servizi pubblici, altrimenti questa può rischiare di diventare la nostra gabbia dorata”.
Per questo Andreta parla dell’importanza di interconnessioni attive, come “unico strumento di lettura del presente e del futuro”. Se andrà, però, ad aumentare quel gap “tra tecnologia e società, l’uomo rischierà di rifiutarla o divenirne succube”.
La città intelligente dovrà essere sì meno inquinata, più sostenibile e inclusiva, ma, “oltre alle modalità di trasformazione in Smart City, è bene partire dal concetto di uomo primo ed unico protagonista della stessa. I cittadini, dunque, devono essere consapevoli di ciò che accade e del perché”.