In GU le modifiche al DM 37/08 per le necessità del mondo delle comunicazioni elettroniche: cosa cambia?

16 Dicembre 2022 Luca Baldin


Il 13 dicembre è stato pubblicato in Gazzetta ufficiale l’atteso regolamento del Ministro dello Sviluppo Economico che va a modificare il DM 37/08, ovvero il decreto che regola il funzionamento della professione di installatore tecnico

Era un provvedimento atteso fin dall’inserimento dell’art. 135 bis nel Testo Unico dell’edilizia, ovvero dal lontano 2014, per regolamentare la scivolosa materia delle competenze in materia di realizzazione e manutenzione dei cosiddetti “impianti multiservizio”, ovvero gli impianti verticali in fibra ottica descritti nella guida CEI 306-2 e resi obbligatori per gli edifici di nuova costruzione e per quelli profondamente ristrutturati.

La vexata questio per anni è stata l’utilizzo di questi impianti come tratte terminali della rete a banda ultra-larga. Questione di lana caprina, dal momento che le intenzioni del legislatore erano esattamente quelle di accelerare il lavoro degli operatori, già alquanto intrigati nel realizzare la tratta orizzontale della rete, coinvolgendo nell’opera di infrastrutturazione del Paese i privati cittadini, peraltro, a loro spese.  Per anni, infatti, le Telco si sono barricate dietro l’esigenza di garantire un servizio “end to end”, dove il secondo “end”, a loro parere, doveva collocarsi necessariamente all’interno dell’unità immobiliare dell’abbonato, come la vecchia borchia della SIP…, magari per piazzarvi un proprio router a pagamento.

Non si considerava, quindi, che l’introduzione dell’impianto multiservizio, di fatto, andava a modificare potenzialmente l’architettura di rete, fissando il terminale degli operatori non più all’interno delle singole unità immobiliari, ma al ROE (ripartitore ottico d’edificio), lasciando che la gestione della parte verticale interna fosse sostanzialmente una questione “privata”, analogamente a quanto comunemente avviene per tutte le altre commodities (acqua, luce, gas), ma anche per la distribuzione interna del segnale nei singoli appartamenti.

Per sette anni si è prodotto un dialogo tra sordi su questa materia, al quale nemmeno l’autorità garante (AGCOM), con una delibera del 2018 a dire il vero piuttosto pasticciata, ha saputo porre rimedio. Il tema è poi divenuto ancor più scottante nel momento in cui si è aperta la partita, tuttora in corso, sulla cosiddetta “rete unica” o, come l’ha definita il Sottosegretario Alessio Butti, sulla “rete nazionale”.

Dove deve arrivare questa “rete nazionale”?
Come si va ad integrare con gli impianti multiservizio resi obbligatori per legge?
Quali sono gli attori coinvolti nel nuovo sistema?

Il Regolamento del Ministro dello Sviluppo Economico Giorgetti non offre certo le risposte a tutte queste domande, ma fissa alcuni paletti difficili da ignorare, che si vanno ad integrare perfettamente con quanto previsto dal provvedimento di recepimento del nuovo Codice Europeo delle comunicazioni elettroniche.

Il primo dato, ora inequivocabile, è chi si debba occupare di questi impianti. L’articolo 1 comma 2 lettera b, infatti, introduce tra gli impianti posti al servizio degli edifici di competenza esclusiva dei tecnici abilitati ai sensi del DM 37/08 lettera b “gli impianti in fibra ottica, nonché le infrastrutture necessarie ad ospitare tali impianti”. Lo stesso articolo specifica che “Se l’impianto è connesso a reti di distribuzione [la pertinenza] è “a partire dal punto di consegna della fornitura”.

A scanso di equivoci il nuovo regolamento specifica anche che per punto terminale di rete di debba intendere quanto previsto dal D.Lgs 207/2001 art. 2 comma 1 lettera oo), ovvero “il punto  fisico  a  partire  dal  quale l’utente finale ha accesso  a  una  rete  pubblica  di  comunicazione elettronica  e  che,  in  caso  di  reti  in  cui  abbiano  luogo  la commutazione o l’instradamento, è definito mediante un indirizzo  di rete specifico correlabile a un numero di utente finale o a un  nome di utente finale”.

A questo punto sorge spontanea una domanda: da quale punto l’utente finale di un edificio dotato di impianto multiservizio accede alla rete pubblica? Non certo dall’uscio dell’appartamento, ma esattamente dal ROE d’edificio dal momento che quello è il punto dal quale il singolo utente accede alla rete “pubblica”.

Se il ragionamento fila, e non vediamo davvero come non possa filare, ne deriva che il tecnico abilitato ai sensi del DM 37/08 lettera b, è riconosciuto inequivocabilmente come la figura ufficialmente destinata a realizzare e rilasciare la dichiarazione di congruità dell’impianto e che di fatto ne abilita il suo utilizzo da parte degli operatori, indicando anche le caratteristiche degli accessi all’infrastruttura; dichiarazione che diventa necessaria, a seguito delle recenti modifiche al T.U. dell’Edilizia, ai fini della presentazione della segnalazione certificata per l’ottenimento dell’agibilità degli edifici.

Su chi invece debba progettarla, il nuovo art. 5 bis introduce elementi nuovi ma in parte contradditori con quanto recita lo stesso testo di legge all’art. 5, che vincola la progettazione, là dove l’impianto elettrico superi la potenza di 6 Kw, solo ed esclusivamente a Professionisti iscritti agli albi. Una contraddizione che ci auguriamo venga chiarita quanto prima dal ministero con una nota interpretativa.

Se alla luce di tutto ciò ora proviamo ad immaginare un futuro della rete di TLC, con una “rete nazionale” wholesale only e molti edifici dotati di impianti multiservizio, possiamo finalmente definire anche i perimetri di responsabilità delle diverse tratte e il ruolo dei diversi attori. A chi, infatti, può spettare la manutenzione degli impianti condominiali se non a quegli stessi tecnici che li hanno realizzati e certificati?

Rimane un elemento critico, a parere di chi scrive, dato dal fatto che tutto ciò rientra esclusivamente nel perimetro di quanto previsto dall’art. 135 bis del T.U. dell’edilizia, ovvero riguarda i soli edifici nuovi e profondamente ristrutturati, ovvero una percentuale infinitesimale di edifici che si dotano nell’arco di un anno di nuovi impianti.

Ma se gli impianti disegnati per questi edifici – e la conseguente architettura di rete che li riguarda – viene ritenuta unanimemente dal mondo tecnico come ottimale per consentire agli utenti italiani l’accesso a tutti i servizi più innovativi e anche per gestire con intelligenza la delicata partita energetica, perché allora non estenderla agli edifici esistenti? L’urgenza di un upgrade delle reti tecnologiche del patrimonio edilizio esistente, molto spesso obsoleto, è una necessità ben nota alla quale è urgente dare una risposta.

Siamo certi che il mercato farà sicuramente la sua parte, rendendo progressivamente indispensabili questi impianti, ma sarebbe certamente d’aiuto stimolare un’accelerazione nella sostituzione inserendo questo ragionamento nel quadro della revisione del PNRR.

Leggi il documento in Gazzetta Ufficiale QUI 

Luca Baldin

Project Manager di Pentastudio e della piattaforma di informazione e marketing Smart Building Italia. È event manager della Fiera Smart Building Expo di Milano e Smart Building Levante di Bari. Dirige la rivista Smart Building Italia.