Le Reti Multiservizi di Edificio che mancano all’appello: di chi è la colpa?
Nella realizzazione di nuovi edifici e nella ristrutturazione profonda di edifici esistenti è stato introdotto fin dal luglio del 2015 l’obbligo della realizzazione (non solo predisposizione) di una Rete Multiservizi in fibra ottica passiva.
Tale obbligo si esplicita nell’Art. 135 bis nel D.P.R. 380/2001 (testo unico dell’edilizia), successivamente modificato nel 2022.
Proprio l’art. 135 bis del D.P.R. 380/2001 indica anche con estrema chiarezza (inusuale) le norme CEI di riferimento, principalmente la Guida CEI 306-2, a cui progettisti e tecnici devono attenersi per progettare e realizzare impianti a regola d’arte.
Tutto lineare ed a posto, quindi, salvo il fatto che la legge ad oggi risulta largamente inapplicata in tutto il Paese, facendo mancare così all’appello un elemento fondamentale per il completamento della rete BUL (la tratta verticale) indispensabile per lo sviluppo dei cosiddetti “Smart Building” e soprattutto per l’attivazione di tutti quei servizi digitali innovativi, già disponibili e che faticano a decollare (con la conseguenza di una adozione della BUL stessa che ci pone in fondo alla classifica dei Paesi europei).
Il fatto che ad oggi di Reti Multiservizi passive in fibra ottiche ne siano state realizzate davvero pochissime dovrebbe far sorgere l’interrogativo del perché e di quali siano le cause di questa disattenzione, tenuto conto del fatto che non è nemmeno una questione di sanzioni, visto che coloro che infrangono le norme si espongono a vario titolo a numerosi rischi, primo fra tutti la revoca dell’agibilità dell’edificio.
Gli attori principali in questo scenario sono gli studi di progettazione con i loro esperti architetti e ingegneri civili e gli esperti di impiantistica degli edifici. A seguire, immediatamente dopo, le ditte esperte del settore della realizzazione degli impianti che devono avere al loro interno un esperto abilitato ai sensi del DM 37/08 lettera B. A seguire un ruolo importante l’hanno i Responsabili degli Uffici Tecnici dei Comuni che dovrebbero realizzare verifiche a campione ed eventualmente revocare l’Agibilità degli Edifici, ma anche registrare sul SINFI (catasto nazionale delle infrastrutture di telecomunicazioni) tutte le Reti Multiservizi che dovrebbero essere realizzate all’interno di ogni Edificio di nuova costruzione o ristrutturati. Infine i committenti dei lavori di realizzazione degli edifici o delle ristrutturazioni e l’utilizzatore finale.
Una filiera lunga e articolata che andrebbe allineata e che, viceversa sembra del tutto disarticolata. Una prova empirica di questo scollamento ci è venuta durante lo svolgimento dei lavori del Forum Nazionale Smart Installer 2024 dedicato alla “Nuova Impiantistica nel Cantiere 4.0”, che si sono tenuti il 22 febbraio a Bari e il 7 marzo a Bologna; durante i lavori è stato somministrato ai numerosi partecipanti (nella quasi totalità installatori) un sondaggio. Tra le varie domande una verteva proprio sulle Reti Multiservizi e Digitali di Edificio formulata come segue: “Hai mai realizzato un’infrastruttura digitale di edificio ai sensi della CEI 306-2?”
Di seguito il risultato relativo al sondaggio
Fonte: Smart Building Italia
Pur non trattandosi di un campione significativo è davvero songolare notare che con una platea di tecnici, solo il 14% abbia dichiarato di aver realizzato e quindi progettato una Rete Multiservizi di Edificio, il 33% dichiari che non gli è mai stata richiesta e ben il 52% non sappia praticamente cosa sia e quindi non sia di fatto in grado di realizzarlo.
Detto ciò, a chi scrive sembra che vadano evidenziate due questioni importanti:
- la prima è che ad oggi nemmeno i tecnici sono consapevoli delle norme vigenti, dal momento che l’impianto Multiservizi non deve essere richiesto dal committente, ma costituisce un obbligo, quindi va semplicemente progettato e realizzato, esattamente come tutti gli altri impianti;
- il secondo è la drammatica mancanza qualsiasi di controllo da parte dei Comuni che dovrebbero essere i primi a richiedere la documentazione tecnica di esistenza e conformità della rete per ogni edificio di nuova realizzazione o di profonda ristrutturazione per procedere all’accatastamento sul SINFI.
A parziale giustificazione di una, comunque, inammissibile inadempienza di una norma di legge, molti dichiarano che è stato il Committente a non volere la realizzazione dell’impianto perché costituisce un onere che non intende sostenere. Una scusa anche questa poco fondata, dal momento che i costi di una Rete Passiva Multiservizi, per ogni Unità Immobiliare di un Edificio, non superano i 200 – 300 Euro, che rispetto al costo di nuova edificazione o di ristrutturazione edilizia profonda costituiscono una frazione infinitesimale.
Non vi è dubbio, per concludere, che un ruolo fondamentale per superare l’attuale impasse l’abbia la pubblica amministrazione, che dovrebbe semplicemente richiedere che la norma venga rispettata attivando i controlli necessari; ma non di meno una buona responsabilità è anche in capo a professionisti e impiantisti, che sembrano non avere a disposizione quegli argomenti che dovrebbero portare i committenti a non tentare di bypassare la legge e soprattutto a negarsi un impianto al passo con i tempi.