L’Italia fotovoltica cresce, e fa gola al mercato globale
Il fotovoltaico continua a volare in Italia e il suo mercato è destinato ancora a crescere. È notizia solo di martedì 1 ottobre che il boom sta avvenendo in ogni parte della penisola. Come riporta l’ANSA, a certificarlo ancora una volta è il meeting svoltosi al Tanka Village di Villasimius in Sardegna: il business intorno alle energie rinnovabili si stima abbia prodotto 600mila operazioni imprenditoriali e che questo numero sia destinato a crescere. La Sardegna è una delle regioni in cui il fotovoltaico sta prendendo piede in tutti i tessuti del territorio: sociale, economico, produttivo. Non a caso, nella regione insulare si trovano un parco fotovoltaico di 45 ettari, uno dei più grandi d’Europa, e una nuova pista ciclabile lunga 4 chilometri che ingloba nel manto stradale dei pannelli fotovoltaici. Sempre l’Ansa riporta che in Italia gli impianti installati, a fine 2018, erano 822mila300 (una crescita del 6% rispetto all’anno precedente), per una potenza di 22.000 MW e una produzione di 26,8 Twh.
Tra le proposte più interessanti riguardo il fotovoltaico, sta prendendo corpo in questi mesi quella di Solar Power Network, azienda canadese tra i leader mondiali nel settore solare industriale, con sedi in tutto il mondo. Approfittando della crescente maturazione del settore fotovoltaico in Italia, il brand nordamericano ha lanciato una proposta ambiziosa per entrare nel mercato italiano del fotovoltaico e portare i clienti ad abbracciarne i benefici: il Green Power Purchasing Agreement. Questo sistema rende la transizione energetica una vera e propria riorganizzazione della produzione e del consumo e non solo una transizione dai combustibili fossili a quelli rinnovabili. La proposta si articola attraverso una nuova forma di comodato d’uso degli impianti il cui unico vincolo è l’acquisto, da parte del cliente, della stessa energia prodotta dall’impianto a un prezzo più economico (un valore tra il 10 e il 20%). L’impianto viene realizzato sulle esigenze del cliente che, dopo dieci anni, può decidere di riscattarlo pagando il 20% del suo valore iniziale; in alternativa, dopo quindici anni, se il consumatore ha continuato ad acquistare energia dall’impianto, ne ottiene la proprietà senza alcun onere; in caso contrario l’azienda ne deterrà la proprietà. “Si sta gradualmente passando da una produzione centralizzata e da una distribuzione complessa e inefficiente e miliardi di punti di connessione ad un’organizzazione più leggera, agile e responsabile, nella quale i consumatori possono essere anche produttori” ricordava qualche settimana fa ad AJ-Com.net l’ingegnere Peter Goodman, presidente e CEO di Solaw Power Network. “Il cambiamento che stiamo vivendo in campo energetico è simile a quello che abbiamo già vissuto nel panorama delle telecomunicazioni nei decenni passati”.
Il progetto include anche le autorizzazioni burocratiche, la fase di progettazione, installazione e gestione delle forniture, con tanto di software ad hoc per il controllo da remoto dei consumi e dei livelli produttivi. “Non si tratta di una questione meramente economica – puntualizza Giorgio Mottironi, senior partner di Bangel, società di consulenza – Oggi scegliere il solare, per industrie e corporazioni, è una responsabilità per la dimensione sociale e ambientale in cui operano: così facendo riducono il proprio impatto in termini di emissioni di CO2, rendendosi più appetibili per mercato e consumatori.”
Con questo sistema di sviluppo, Solar Power Network si è inserita nel mercato degli Stati Uniti, del Canada, del Giappone, dell’Australia, dell’Africa. Questo sistema ha ridefinito il modo in cui le aziende integrano il solare nelle loro strategie energetiche, rimodulando i parametri ingegneristici ed economici e approfondendo quelli normativi, abbattendo allo stesso tempo i costi e le emissioni e facendo percepire affidabilità da un punto di vista aziendale. Ancora secondo Goodman: “Questo tipo di sviluppo industriale, esteso su scala mondiale, ci permetterà in 18 mesi di abbattere drasticamente le emissioni: circa il 2,5% totale di tutte quelle di cui sono responsabili i Paesi del G7 producendo energia elettrica da fonti non rinnovabili. Adesso, l’obiettivo è quello di moltiplicare il numero di aziende “Prosumer” (produttrici-consumatrici) di energia solare per poi arrivare a reti locali totalmente autonome rispetto al gestore nazionale. Lo spazio di crescita è ampio: in fatto di autoconsumo, i numeri italiani sono rilevanti. L’energia utilizzata nel luogo di produzione è pari al 22% del totale e, secondo le stime dell’azienda, questo dato crescerà annualmente del 2,5%.