La Smart City nasce dalla collaborazione tra individui e istituzioni
Con le città in continua evoluzione, i cittadini fungono da veri players del futuro dei centri urbani stessi
Come si misura l’intelligenza di una città? Un centro abitato si definisce smart quando è in perenne evoluzione non solo grazie ai cambiamenti dovuti all’innovazione tecnologica, ma anche alla risposta che la città ha nei confronti delle esigenze dei suoi abitanti, come un vero e proprio organismo vivente in divenire che scambia informazioni e risponde alle richieste di chi ci vive e vi ci interagisce.
Obiettivo primario? Aumentare la qualità della vita dei residenti e di coloro che gravitano nella stessa città. Un cambiamento che, in ottica futura, deve necessariamente guardare alla sostenibilità e all’efficacia.
La tecnologia, infatti, prende significato se impiegata per migliorare democrazia e governance e allo stesso tempo permettendo alla collettività di partecipare alla pianificazione urbana.
La città intelligente è un approccio possibile grazie alla cooperazione di individui, tecnologia ed istituzioni, e perciò misurare il livello di smartness di una città non è così semplice. Esistono però criteri secondo i quali, ad esempio, una città è intelligente se le persone che vi abitano vengono messe al centro del processo di sviluppo in un’economia sostenibile e grazie all’utilizzo di tecnologie integrate. Qui, efficienza e produttività viaggiano di pari passo con sostenibilità e valore sociale, e le risorse naturali sono maneggiate con consapevolezza e una città intelligente permette ai suoi cittadini di vivere smart elaborando le esigenze e fornendo riposte concrete in termini di offerta con un alto livello di efficacia e sostenibilità.
Caso principe, è quello della web democracy di Barcellona sostenuto dall’Assessore all’innovazione tecnologica della città spagnola Francesca Bria, di origini italiane, che ha sottolineato alla stampa l’importanza di integrare l’intelligenza collettiva dei cittadini ai processi decisionali politici, con democrazia partecipativa, ad esempio, per dare risposte concrete ai bisogni della popolazione. Più di 400 mila cittadini hanno infatti preso parte al progetto Decidim (online e offline), con il risultato che il 70% delle azioni del Comune sono derivate dalle consultazioni con i cittadini. Quali progetti? Si va dalle piste ciclabili alle politiche energetiche e culturali, passando per i 700 km di fibra ottica e la rete di sensori nei cassonetti dei rifiuti, nelle strade, nei lampioni e nei parchi che trasmettono dati importanti per ottimizzare i trasporti e la gestione dell’acqua e dell’energia.
Una vera smart city deve rispondere a livello immediato e strategico allo stesso tempo, elaborando, ove necessario, i dati raccolti per capire in che direzione muoversi per il futuro. Per questo motivo, l’analisi dei Big Data può mappare pregi e difetti della città e dei suoi abitanti, in una sinergia con l’intelligenza artificiale e fotografando la realtà di oggi per prevedere quella di domani tra modelli, statistiche e algoritmi.
Come a Barcellona, anche ad Amsterdam ci si sta muovendo in quest’ottica. Qui, in una delle città più digitalizzate d’Europa e più efficienti, mancava un vero e proprio pianto strategico per l’ambito smart city. In ottica, invece, di diventare sempre più intelligente, la città ha attivato oltre 70 partership tra soggetti pubblici e privati per il raggiungimento dei diversi traguardi preposti, nell’ottica dell’adesione al Climate Vision, documento che specifica gli obiettivi da raggiungere entro il 2025.
In questo senso è nata Amsterdam Smart City, cooperazione tra cittadini e stakeholders per favorire la nascita di nuove forme di partnership pubblico-private, in una collaborazione del Comune con aziende come IBM, Accenture e Honeywell. La piattaforma individua sei filoni all’interno nella divisione dei progetti: infrastrutture e tecnologie, energia, acqua e rifiuti, mobilità, città circolare, governance ed educazione, cittadini e qualità della vita.