“Ciascun ospite, con generosità comune ma competenze ed esperienze diverse, ha contribuito a donare alla serata contenuti di prim’ordine e vero spessore di confronto scientifico” – ha affermato il moderatore – “Con derivate anche decise, ma sempre all’insegna di massima educazione e rispetto.”
L’intero appuntamento si è sviluppato attorno all’accesa tematica che infiamma ormai da mesi tra aziende, cittadini ed enti pubblici: il 5G fa male alla salute? Se in Italia è presente un limite delle emissioni elettromagnetiche di 6 V/m nelle aree con maggiore passaggio di persone, quello suggerito dall’ICNIRP è di 61 V/m; e per il piano Colao pare avvicinarsi l’ipotesi di alzare i limiti in vigore per accelerare lo sviluppo delle reti 5G, rimanendo nella soglia stabilita dall’Europa.
“Se con i sistemi precedenti gli operatori hanno già saturato il limite, l’alternativa che hanno se devono installare il 5G è o spegnere i sistemi precedenti, cosa che non possono fare, o mettere l’antenna da un’altra parte e quindi aumentano il numero delle antenne“, ha sottolineato il Prof. Capone. “Il sistema Paese Italia spenderà di più per dotarsi della tecnologia del 5G. È stato stimato nell’ordine di 10-15 miliardi di euro“.
Per Ravazzani, “uno studio va tenuto in considerazione. Ma sulla base di un solo studio, non va presa una decisione. La scienza non è un’opinione: è basata sui fatti e sulla sommatoria dei fatti condivisi. Questi risultati vanno a sommarsi a quelli di tutti gli altri studi“.
D’altra parte, l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) ha inserito una discussione sulla cancerogenicità della radiazioni da campi elettromagnetici da sviluppare nei prossimi anni.
“Davanti al fatto che mancano delle certezze sull’assoluta innocuità di queste radiofrequenze e, viceversa, ci sono studi che sollevano dei dubbi, il buon senso impone che ci si fermi e si continui a studiare“, ha sottolineato l’oncologa Gentilini.