Lo switch-off televisivo? Riguarda tanti ma pochi lo sanno…
Dal primo settembre a metà del 2022 avverrà, in due fasi, il passaggio allo standard DVB-T2 con il rischio di schermi oscurati in milioni di case.
Sono trascorsi quasi dieci anni da quando venne interrotta la diffusione per via analogica delle trasmissioni televisive, con il passaggio al digitale su tutto il territorio nazionale. Un evento archiviato nell’immaginario collettivo con la definizione , tanto per cambiare in inglese, di switch-off. Quindi un capitolo chiuso ormai da tempo? Assolutamente no, perché di switch-off ne sta andando adesso in scena un altro e purtroppo della cosa sono informati in pochi nonostante siano milioni le famiglie italiane direttamente “colpite” dall’evento.
Cominciamo col dire che a differenza del primo, innescato da ragioni di evoluzione tecnologica, questo secondo switch-off è dettato anche e soprattutto da motivazioni commerciali, con l’esigenza di liberare frequenze di trasmissione a beneficio dei servizi di telefonia, il che ci fa capire che l’ipotesi del solito e provvidenziale italico rinvio sia difficilmente percorribile. In particolare, si tratta di abbandonare l’attuale standard di trasmissione delle trasmissioni televisive in digitale terrestre, il DVB-T, a vantaggio del più efficiente e performante DVB-T2. Un passaggio di consegne che in realtà avverrà in due tappe.
Il Ministero dello Sviluppo Economico ha infatti previsto una prima fase, dal prossimo primo settembre, che comporterà l’abbandono delle trasmissioni in MPEG-2 a beneficio della più performante (e meno ingombrante in termini di banda occupata) codifica MPEG-4, ma rimanendo sempre nell’ambito dello standard DVB-T. Quest’ultimo verrà invece abbandonato a beneficio del DVB-T2 alla fine del giugno 2022. Entrambi i passaggi non saranno affatto indolori per molti telespettatori. Basti pensare che già l’entrata in scena dell’MPEG-4 manderà ko quasi dieci milioni di vecchi televisori incapaci di riprodurlo. Schermi improvvisamente oscurati che rischiano di essere persino di più a metà dell’anno prossimo quando andrà a compimento in tutt’Italia la seconda fase con il passaggio completo allo standard DVB-T2 che adotta una codifica ancor più performante, l’HEVC, e per il quale c’è garanzia di compatibilità soltanto da parte dei televisori venduti negli anni più recenti.
Ma com’è possibile che – nonostante la decisione di questa ennesima transizione tecnologica risalga al 2017 – si sia arrivati ormai a pochissimi mesi dall’inizio dello switch-off con numeri così imponenti di televisori incompatibili? Ebbene, se a valle c’è la responsabilità dei milioni di utenti che non hanno fin qui provveduto a cambiare televisore o ad “affiancarlo” con un decoder DVB-T2, a monte c’è lo Stato che non ha predisposto adeguate campagne informative e di incentivazione. Esiste, è vero, un Bonus Tv di 50 euro che però ha fin qui riscosso uno scarso successo, prova ne è la permanenza di 125 milioni disponibili a fronte dei 150 stanziati… La ragione è che la maggior parte degli utenti interessati piuttosto che mettersi in casa un ulteriore apparecchio, il decoder, preferirebbe cambiare direttamente il televisore ma soltanto a condizione di poter utilizzare uno sconto sull’acquisto ben superiore a 50 euro.
Con l’incalzare del conto alla rovescia per lo switch-off si è quindi pensato di affiancare al Bonus Tv anche un contributo statale per la rottamazione dei televisori, peccato che la misura risulti attualmente dispersa fra le stanze dei ministeri… Ed allora, nonostante tutto, sta tornando ad affacciarsi l’ipotesi del rinvio. Come detto, non è credibile pensare ad un posticipo della cessione delle frequenze agli operatori telefonici fissata a metà 2022. Piuttosto si sta ipotizzando di lasciare libertà alle emittenti televisive, prima di scegliere fra trasmissioni in MPEG-2 o MPEG-4 a partire dal primo settembre, e poi fra standard DVB-T e DVB-T2 dal primo luglio dell’anno prossimo. Peccato che il tutto dovrebbe avvenire all’interno di un parco complessivo delle frequenze televisive drasticamente ridotto e quindi occorrerebbe per forza di cosa decidere chi dovrà vivere e chi dovrà morire, non si sa bene con quali criteri. Quel che invece si sa fin troppo bene, è il profilarsi di un gran pasticcio…