Non è ancora davvero iniziata l’era del 5G e già parte il programma europeo per il 6G!
La legge di Moore sembra non aver ancora esaurito i suoi effetti. L’accelerazione tecnologica dettata dall’avvento del digitale continua ad imprimere all’innovazione un ritmo forsennato e se il 5G, scatenando fenomeni di neo luddismo, promette un accesso generalizzato alla cosiddetta “giga society” e alle meraviglie dell’intelligenza artificiale e dell’internet of things, chissà cosa produrrà il 6G, che è già ai blocchi di partenza.
Il primo gennaio ha preso avvio, infatti, Hexa-X, il progetto di ricerca dell’Unione Europea sul 6G. Un progetto ambizioso, che offre una prima risposta ad uno degli asset fondamentali del piano Next Generation EU. Il progetto di ricerca avrà per ora durata di due anni, sarà coordinato da due colossi europei dell’elettronica come Nokia ed Ericsson per la parte tecnica, ma riunirà le competenze di ben 25 soggetti fra aziende ed università europee. Fra questi, per l’Italia, il Politecnico di Torino, Tim e l’Università di Pisa.
Hexa-X è il progetto pilota della Commissione Ue sul 6G, il cui obiettivo è fissare una road map comune dal punto di vista tecnico, che ponga i Paesi dell’Unione in testa sul piano dell’innovazione tecnologica in ambito TLC e sue applicazioni avanzate. Il progetto viene finanziato dai fondi del programma Horizon 2020, il programma di ricerca e innovazione della UE.
L’entrata in servizio del 6H è previsto per il 2030 e ciò che promette è di raggiungere una velocità ben 50 volte superiore al 5G, andando a costituire la principale risposta all’esplosione del traffico dati e alla moltiplicazione del numero di oggetti connessi che si prevede nei prossimi anni. Una particolare attenzione dal team di ricerca verrà posta ai consumi energetici della rete e ai livelli di sicurezza.